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Giuseppe Pitrè, medico e “demopsicologo”

Giuseppe Pitrè, medico e “demopsicologo” Giuseppe Pitrè, medico e “demopsicologo”
Giuseppe Pitrè, medico e “demopsicologo”

No, non avete letto male il titolo: oggi parliamo proprio di un medico e di un – come lui stesso si sarebbe definito – demopsicologo. Cosa c’entra nel sito di una casa editrice? Ecco, ci troviamo proprio in quei cosiddetti dintorni, perché la demopsicologia, di fatto, è una scienza nuova che fa nascere proprio il nostro Giuseppe Pitrè con i suoi interessanti studi: di fatto è il nome di battesimo di quello che oggi noi conosciamo come folklore.

 

L’interesse per… tutto!

La spinta allo studio integrale delle tradizioni di un popolo, a Giuseppe Pitrè deve averla data proprio la sua laurea in medicina conseguita all’università di Palermo, non senza sacrifici da parte della sua famiglia tutt’altro che abbiente. Incontrando, così, per lavoro molte persone, anche dei ceti più umili, che avevano bisogno di essere curati, inizia una titanica impresa che oggi definiremmo di “raccolta dati” a tutto tondo, dando vita, di fatto, alla prima ricerca sul campo in ambito etnologico. Pitrè raccoglie di tutto: dalle parole in dialetto ai proverbi, dai canti popolari alle favole, dai giochi alle ricette, dalle abitudini familiari alle leggende di paese. È un curioso, ed è questa curiosità, espressione di una più che acuta intelligenza, a consentirgli di portare a termine un’avventura lunga una vita, dalla quale scaturisce, nel 1880, anche la fondazione – assieme all’amico e collega Salvatore Marino – della prima rivista etnografica del tempo intitolata L’archivio per lo studio delle tradizioni popolari che dirige fino al 1906. 

 

L’amore profondo per la Sicilia

È certamente questo l’altro ingrediente segreto necessario all’opera di Giuseppe Pitrè: non so a voi, ma a me non stupisce affatto che lo studio ordinato e sistematizzato del folklore sia nato proprio in questa meravigliosa isola che ha tantissimo da raccontare. Pitrè inizia presto a sentire l’impulso a diffondere le storie della sua Sicilia e inizia a farlo dapprima seguendo le orme di storici e filologi pubblicando nel 1864 Profili biografici di contemporanei italiani, seguito dai Canti popolari siciliani la cui fonte d’eccezione sarà proprio… sua madre! Anche questi primi lavori, poi, confluiranno nella monumentale Biblioteca di cui parleremo tra poco. Da segnalare sono soprattutto le testimonianze sul Natale, sulla Festa dei morti (2 novembre) e sul personaggio di Giufà, sempliciotto e giramondo, che per la prima volta qui trova forma scritta. Presente anche nelle tradizioni orali di altre parti d’Italia e in quella giudaico-spagnola, diventa archetipo della facile vittima di ogni sorta di delinquente.

 

La Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane

L’opera più importante di Giuseppe Pitrè, quella che gli vale, il 30 dicembre 1914, la nomina a Senatore del Regno, è ancora oggi di grande interesse per gli studiosi. Si tratta di ben 25 volumi pubblicati tra il 1871 e il 1913 dedicati a tutto lo scibile umano, pardon, siciliano, che attinge a piene mani dall’immenso bacino della cultura popolare, partendo dalle tradizioni mediche che sfociano nella superstizione, dagli indovinelli e scioglilingua che mostrano la musicalità e la ricchezza del dialetto locale, fino agli usi e costumi legati a cerimonie quali quelle nuziali o quelle funebri, fino alle favole: un argomento talmente interessante da essere esportato addirittura oltreoceano, tradotte dalle edizioni Crane.

 

Dalla cultura immateriale alla cultura materiale

Presidente della Reale Accademia delle Scienze e delle Lettere di Palermo dal 1903, Giuseppe Pitrè nel 1909 diventa socio dell’Accademia della Crusca e poi presidente della Società siciliana per la storia patria. A un certo punto capisce che per meglio divulgare tutto il patrimonio culturale – immateriale – che era riuscito a raccogliere, deve passare anche attraverso quello materiale. Inizia così a raccogliere non più solo testimonianze orali o scritte, ma anche oggetti che mostrino, semplicemente attraverso la loro esistenza, la veridicità di quanto raccontato. Insomma: inizia ad accostare la storia alla poesia. È così che nel 1909 si arriva alla fondazione del Museo etnografico, unico nel suo genere, in cui vengono esposti tutti gli oggetti pazientemente reperiti in ogni angolo della Sicilia. Inizialmente piuttosto piccolo, il museo viene ampliato nel 1935 e ospitato nelle ex stalle della Palazzina cinese all’interno del parco della Favorita a Palermo. L’anno successivo Pitrè viene poi invitato dall’università della città a insegnare tutto quello che ha imparato: nasce così la prima cattedra di demopsicologia, che pian piano abbandonerà l’approccio letterario per abbracciare sempre più quello scientifico-evoluzionistico.

 

Foto | Elaborazione grafica di Eugenia Paffile a partire da una foto di Giuseppe Pitrè

L'autore: Roberta Barbi
Roberta Barbi Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

Guarda tutti gli articoli scritti da Roberta Barbi

Breve storia del pesce d'aprile

di Giuseppe Pitrè

editore: Graphe.it

pagine: 96

Alla scoperta di una delle più longeve, simpatiche e misteriose tradizioni italiane (e non solo)

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