C'era una volta un ragazzo di Treviso che sognava di disegnare il mondo. Mario De Donà - questo il suo vero nome - aveva appena vent'anni quando scelse di chiamarsi Eronda, un nome che evocava suggestioni di un passato grecizzante e già preannunciava la sua vocazione all'ironia. Non poteva immaginare che quel nome d'arte lo avrebbe portato molto lontano, fino ai più prestigiosi saloni internazionali del design.
Eppure Eronda non si è mai mosso davvero dalle sue montagne. Ha scelto Belluno come base della sua vita creativa e da lì ha dimostrato una verità rivoluzionaria: il genio non ha bisogno di Milano per brillare. Anzi, a volte proprio la distanza dai riflettori permette di vedere il mondo con occhi più puri.
Dalle Dolomiti al mondo: la formazione di un talento
Nel 1924, quando Mario nacque a Treviso, nessuno poteva prevedere che sarebbe diventato uno dei grafici più originali del Novecento. La famiglia si trasferì presto a Belluno - erano originari di Lorenzago di Cadore - e fu lì che il piccolo Mario iniziò a scoprire la sua vocazione.
A diciotto anni, mentre l'Italia era ancora in guerra, Eronda osò organizzare la sua prima mostra: "Figurine diaboliche infernali di scheletri e fantasmini". Un titolo che già anticipava il suo amore per l'assurdo e l'ironia. Era il giugno del 1944, e mentre il mondo si dilaniava, un giovane artista bellunese decideva di regalare un sorriso attraverso i suoi disegni.
L'incontro che cambiò tutto arrivò negli anni Sessanta, quando Bruno Munari - il maestro del design italiano - si accorse di questo "pazzo che abita in mezzo ai monti". Munari non solo lo prese sotto la sua ala protettiva, ma nel 1960 gli organizzò una mostra personale a Milano, alla prestigiosa Galleria Montenapoleone. Era la consacrazione che ogni artista sogna.
Ma Eronda fece una scelta controcorrente: invece di trasferirsi nella capitale del design, tornò sulle sue montagne. "Sono un buon artigiano antico", diceva di sé, e in quella definizione c'era tutta la sua filosofia di vita.
L'arte del nonsense (che ha molto senso)

Se dovessimo spiegare l'arte di Eronda in una frase, diremmo che era un mago dell'assurdo. I suoi collage sembrano giochi di bambini, ma nascondono una sapienza tecnica e concettuale straordinaria. Utilizzava carte monocrome ritagliate "in continuo", le manipolava con tagli, graffi e persino bruciature, creando opere che facevano sorridere e riflettere allo stesso tempo.
Il suo capolavoro più celebre? Un collage per il concorso "Destinazione Luna" del 1969. Mentre tutti disegnavano astronauti e razzi, Eronda creò un omino stilizzato accanto a una Luna che aveva le fattezze della top model Donyale Luna. Un gioco di parole visivo geniale che gli valse il prestigioso Dattero d'oro al Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera.
Era questo il suo segreto: trasformare la cultura alta in gioco popolare, rendere accessibile ciò che sembrava elitario. Le sue onomatopee, i suoi pittogrammi, i suoi cortocircuiti mentali erano piccole rivelazioni quotidiane che dimostravano come l'arte potesse essere intelligente e divertente al tempo stesso.
Un designer senza confini (anche quando sembrava fermo)
Mentre il mondo del design correva verso la digitalizzazione, Eronda rimaneva fedele ai suoi strumenti tradizionali: squadra, compasso, china. Quando arrivarono i Letraset negli anni Settanta - quei caratteri trasferibili che rivoluzionarono la grafica - li adottò, ma sempre con il suo tocco personale.
La sua versatilità era impressionante: progettava loghi per le aziende del Bellunese al mattino, creava manifesti per il Cadore al pomeriggio, e la sera si divertiva con i suoi collage nonsense. Nel 1967 curò persino la grafica della mostra "Le Storie di Dino Buzzati", ricevendo una dedica autografa dallo scrittore.
Non era solo un grafico, era un designer totale: dagli interni ai murales, dalla comunicazione territoriale all'arte pura. Il tutto rimanendo fedele alla sua filosofia: "Il design può prosperare ovunque, basta crederci".
I riconoscimenti di un “designer di periferia”
Eronda amava definirsi così, un "designer di periferia", ma i suoi premi raccontano un'altra storia. Oltre al famoso Dattero d'oro del 1969, vinse il Gran Premio Internazionale Scacchiera nel 1992 e il Grand Prix Marco Biassoni nel 2003. Non male per uno che viveva "in mezzo ai monti".
Nel 1985 raccolse il meglio della sua produzione in "Encyclopedia grafica", un volume "bifronte" che è diventato un classico del design italiano. Era la dimostrazione che si poteva essere universali rimanendo profondamente locali.
L'epilogo di una vita creativa

Nel 1997, ormai settantatreenne, Eronda si trasferì a Trieste, dove continuò a creare fino alla fine. Morì nel 2009, ma le sue ceneri riposano dove aveva sempre desiderato: nel cimitero di Lorenzago di Cadore, tra le montagne che non aveva mai davvero abbandonato.
Nel 2024, in occasione del centenario della sua nascita, il Cadore gli ha reso omaggio con due mostre complementari: Il rigore dell'ironia e La montagna indipinta. Un modo per riscoprire un "piccolo tesoro ritrovato" dell'arte italiana.
A coronamento delle celebrazioni del centenario, è stato pubblicato VrumVrum, PotPot. Comic strip & humour graphic, saggio curato da Erik Balzaretti con postfazione di Gianni Brunoro che finalmente restituisce al grande pubblico un aspetto meno noto ma straordinario del genio di Eronda: le sue strisce a fumetti "onomatopeiche e motorizzate". Questo libro rappresenta un viaggio grafico sorprendente tra surrealismo e motori, dove le strip di Eronda rivelano tutto il loro segno unico e inconfondibile. Un'opera che dimostra come questo "artista per intenditori" meriti di essere riscoperto dalle nuove generazioni, confermando il suo posto ideale al crocevia tra i futuristi, Mimmo Rotella e il suo maestro Bruno Munari.
Eronda ci ha lasciato una lezione preziosa: il talento non ha confini geografici, l'ironia può essere profonda quanto la serietà, e a volte per vedere lontano bisogna rimanere vicini alle proprie radici. Non è poco, per un "pazzo che abitava in mezzo ai monti".
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Foto
- Mario De Donà, in arte Eronda, negli anni Sessanta
- Eronda nel suo studio, circondato dalle sue opere grafiche
- L'artista negli anni Novanta, sempre al lavoro con i suoi materiali creativi
- Eronda negli anni Settanta, quando la sua fama aveva ormai valicato i confini del Veneto
Tutte le foto sono pubblicate per gentile concessione della De Donà.
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