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Aldo Capitini: vita e opere del Ghandi italiano

Aldo Capitini: vita e opere del Ghandi italiano Aldo Capitini: vita e opere del Ghandi italiano
Aldo Capitini: vita e opere del Ghandi italiano

Di Aldo Capitini, Norberto Bobbio – che lo aiuta nel 1937 a pubblicare il suo primo libro, Elementi di un’esperienza religiosa, sfuggito alla censura fascista solo grazie a questo titolo – diceva che combatteva un nemico solo: il potere imposto, per questo ingaggiava battaglie sia contro la Chiesa che contro lo Stato.

Convinto sostenitore della sovrapposizione tra religione e morale, presto si distacca dalla Chiesa cattolica che accusa di essere troppo morbida con il regime fascista, ma questo non gli impedirà di intavolare proficue collaborazioni e stringere profonde amicizie con importanti esponenti quali don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari, entrambe voci fuori dal coro. Eppure, nonostante questo e nonostante sia l’inventore della Marcia Perugia-Assisi e della bandiera della pace che noi tutti conosciamo, Aldo Capitini è una figura semi-sconosciuta al grande pubblico, specie alle giovani generazioni. Riscopriamolo insieme.

 

Chi fu Capitini

Nato alla fine dell’Ottocento in un’umile famiglia umbra, Aldo riceve un’istruzione tecnica al fine di andare presto a lavorare e sostentare, così, appunto, la famiglia.

Dopo gli studi, però, inizierà a interessarsi alla letteratura e ai classici greci e latini della filosofia cui si avvicinerà da autodidatta, fino a vincere nel 1924 una borsa di studio alla Normale di Pisa dalla quale verrà, poi, espulso a causa del suo rifiuto di aderire al Partito fascista.

Pur occupandosi direttamente di politica, e di quella più nobile che riguarda gli ideali e il bene comune, non gli interessi e i personalismi, Capitini resterà sempre ai margini della vita partitica: collaborerà, ad esempio, alle attività del Movimento liberalsocialista, ma quando, nel 1942, nascerà il Partito d’Azione in cui confluiranno i vertici del movimento, lui rifiuterà, convinto com’era che la crisi fosse più generale e che l’esigenza di rinnovamento dovesse investire ben più che la sola sfera politica; anche per questo non potrà prendere parte al processo di democratizzazione della nuova Italia repubblicana e non entrerà nella Costituente.

Tutto il pensiero di Capitini, fino all’anno della morte sopraggiunta nel 1968, viaggia intorno ai temi più elevati, come l’esistenzialismo filosofico, la politica e la religione. Non a caso si dichiara un “religioso laico” che alla fine si allontana talmente tanto dalla Chiesa cattolica da chiedere perfino di farsi estromettere dall’elenco dei battezzati, deluso dal riformismo a suo dire mancato del Concilio Vaticano II.

Convintamente post-cristiano, nel suo pensiero ravvisiamo due parole chiave: persuasione e compresenza. Con persuasione Capitini indica la fede, ossia la profonda credenza in determinati valori in base alla bontà dei quali si procede con la diffusione di essi; con compresenza, invece, il filosofo intende la contemporanea presenza degli esseri viventi e dei morti, legati tra loro a un livello trascendente e perciò incomprensibile per l’uomo.

 

Cosa intendeva Capitini per non violenza?

Il concetto di non violenza inteso come sinonimo di amore, di ideale nobile e buono per cui c’è coerenza tra mezzi e fini e si rifiuta ogni forma di violenza a vantaggio della pace, è presente in nuce nel pensiero di Capitini fin dal 1930 quando, a Pisa, sposa lo stile di vita del vegetarianesimo come estrema conseguenza dell’incarnazione dell’ideale di non uccidere nessuno, animali compresi.

Sarà il primo, Capitini, a portare in Italia i valori del pacifismo e della non violenza, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Gandhi italiano”, ben attento a far passare il messaggio che non violenza non significa rassegnazione o stasi, al contrario è una lotta, ma con strumenti diversi dalle armi. Nel nostro Paese questi concetti assumono la forma del liberalsocialismo, là dove per liberalismo s’intende il libero sviluppo personale da raggiungere anche attraverso un’indefessa ricerca spirituale personale, mentre con socialismo s’identifica la realizzazione nel lavoro e nell’assistenza fraterna dell’umanità lavoratrice in quanto soggetto e motore della storia. Nell’anno della morte del Mahatma Gandhi, il 1949, Capitini dà alle stampe L’Italia non violenta, che resta il principale punto di riferimento dottrinale italiano.

 

La storia della nascita della famosa bandiera dalla pace

È il 1961 quando Capitini organizza quella che sarà ricordata come la prima edizione della Marcia della Pace Perugia-Assisi: 24 km per dire basta a ogni genere di guerra che affligge il pianeta; appuntamento che verrà poi riproposto regolarmente nel tempo, sempre con grande partecipazione.

Su questa esperienza pubblicherà il libro testimonianza In cammino per la pace. Per l’occasione viene confezionata anche una bandiera, quella arcobaleno con la grande scritta “Pace” che conosciamo ancora oggi: l’originale, per molto tempo conservata a Collevalenza, Todi, da un amico personale del Capitini come cimelio storico, è stata poi donata al sindaco di Perugia ed esposta nella Galleria nazionale dell’Umbria nel Palazzo dei Priori a disposizione della città.

Ispirata a quella dei pacifisti anglosassoni ideata nel 1958 da Bertrand Russell per protestare contro la base nucleare di Aldermaston, la bandiera è un susseguirsi di strisce dei colori dell’iride che simboleggiano la diversità e insieme l’armonia dei popoli come massima è l’armonia dei colori che costituiscono l’arcobaleno. È l’arcobaleno, infatti, come scritto nella Bibbia, ad apparire a Noé dopo il diluvio, segno che la tempesta si è placata e l’armonia è tornata e simbolo, così, della rinnovata alleanza tra Dio e gli uomini.

Foto | WikiCommons

L'autore: Roberta Barbi
Roberta Barbi Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

Guarda tutti gli articoli scritti da Roberta Barbi

Un nuovo modo di sentire

La religiosità «aperta» di Aldo Capitini

di Roberto Fantini

editore: Graphe.it

pagine: 70

Scoprire o riscoprire la voce delicata, ma potentissima, di Aldo Capitini “libero religioso”.

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