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Sebastiano Satta, il poeta sardo che ammirava i banditi

Sebastiano Satta, il poeta sardo che ammirava i banditi Sebastiano Satta, il poeta sardo che ammirava i banditi
Sebastiano Satta, il poeta sardo che ammirava i banditi

Il 29 novembre del 1914, a soli quarantasette anni, moriva a Nuoro il poeta e scrittore Sebastiano Satta, dopo un lungo periodo di immobilità dovuta a una paralisi che lo aveva colpito in giovane età.

Sebbene non considerato un personaggio di fama nazionale, ha di certo lasciato il segno nella sua terra, la Sardegna, che lo ha amato e ancora lo ama per la sua grande vicinanza agli umili, al popolo, alle persone semplici ma anche a quelle così fiere e coraggiose da ribellarsi alle regole non riconosciute.

Chi era Sebastiano Satta

Nato a Nuoro nel 1867, Sebastiano Satta durante la sua breve vita non nascose mai la sua comprensione e simpatia nei confronti dei banditi, ovvero di coloro che per sfuggire a una giustizia in cui non credevano si davano alla latitanza, nascondendosi nelle aspre e dure montagne della sua Barbagia. Li considerava non veri fuorilegge bensì uomini oppressi e incompresi, costretti a trasformarsi in animali randagi o ad agire contro una legge che non gli apparteneva.

Laureatosi in giurisprudenza a ventisette anni, fu un grande avvocato, un poeta che ci ha lasciato significativi versi sulla sua terra, ma anche un giornalista molto attivo: fondò infatti il quotidiano La Via, la rivista La Terra dei Nuraghes, e scrisse articoli sia per i periodici isolani che per quelli della penisola, compreso Il giornale d’Italia.

Non fu di certo un uomo fortunato, poiché non solo vide la morte della sua primogenita Raimonda, ancora neonata, ma colpito da paralisi a soli quarantun’anni, dovette lasciare l’avvocatura perché oramai impossibilitato anche a parlare.

L'amore per la scrittura

Fu il suo amore per la scrittura a mantenerlo vivo intellettualmente fino alla fine: influenzato da Pascoli e Carducci – da lui tanto amati – e dalla sua visione personale della cultura barbaricina, ci ha lasciato splendide poesie dedicate alla sua prima figlia, alla sua gente, alla realtà isolana di quegli anni da lui considerati

anni di sconforto e di tenebra, quando gli ovili erano deserti e tremende e tragiche suonavano le monodie delle prefiche, e l’animo era smarrito e percosso da sciagure e odî nefandi.

Foto | Elaborazione grafica a cura di Eugenia Paffile a partire da una foto di Sebastiano Satta dei primi del Novecento (via WikiCommons)

L'autore: Susanna Trossero
Susanna Trossero Susanna Trossero è nata a Cagliari. Ha fatto della scrittura la sua principale occupazione e tiene regolarmente corsi di scrittura (anche online). Ha pubblicato poesie, raccolte di racconti, romanzi, e sta lavorando ad altri progetti. È un’appassionata di racconti brevi.

Guarda tutti gli articoli scritti da Susanna Trossero

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