Ci ho pensato parecchio prima di intitolare così questo piccolo viaggio che compiamo oggi insieme attraverso la poesia di questa particolarissima poetessa umbra che risponde al nome di Assunta Pieralli. Temevo che potesse risultare un po’ offensivo, all’orecchio scafato di oggi, ma poi, più mi calavo nelle atmosfere sue contemporanee (siamo a metà Ottocento in una zona di confine tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana) più mi sembrava esprimere, invece, il ruolo cui erano relegate le donne dell’epoca, pur se dotate di intelligenza, cultura e capacità artistiche.
Un delicato giglio di valle
Così viene definita la nostra poetessa nella biografia in cui la descrive il curatore della prima raccolta a lei dedicata, che mette per la prima volta ordine tra quelle poesie “scritte un po’ ovunque su fogli sparsi e volanti”, e datata fine Ottocento.
Proveniente da una famiglia agiata di Lippiano, nei pressi di Perugia, Assunta in gioventù non è appariscente né bella, anzi, risulta piuttosto evanescente rispetto alle personalità dei tre fratelli maschi che diventeranno rispettivamente prete, avvocato e agente di campagna. Sarà proprio grazie alle loro frequentazioni che Assunta potrà avere le sue e imparare così la letteratura, il diritto, la pedagogia e perfino le lingue straniere, ma soprattutto grazie alla condizione benestante e alla mentalità aperta della famiglia che le sottrarrà ai lavori domestici, cui spesso erano destinate le donne, tempo prezioso per studiare e, nel suo piccolo, viaggiare attraverso quei territori, oggi non a caso considerati “il cuore verde d’Italia”.
Sapere per insegnare: il destino delle donne
Quando di Assunta si scoprono le indubbie doti compositive, dapprima ovviamente non viene presa sul serio. Non del tutto comunque.
La sua capacità di rimare viene cercata per scrivere biglietti di auguri per compleanni e matrimoni, ma non viene mai veramente riconosciuta come un’arte che potrebbe portare il suo nome lontano, e accostarlo a quello dei poeti veri, cioè dei poeti maschi.
La sua cultura e la sua preparazione, però, non passano inosservate e così, almeno, riesce a metterle a servizio dei giovani: molte, infatti, le famiglie altolocate della zona che se la contendono come precettrice per i propri figli.
Membro dell’Accademia di letteratura e musica di Perugia, Pieralli fa parte anche dell’Accademia dell'Arcadia, dell’Accademia spoletina, dell’Accademia di San Sepolcro, degli Infecondi di Prato, degli Euteleti di San Miniato e dei Liberi di Città di Castello. Nel 1861 il nuovo governo unitario la designa docente di storia e geografia dell’istituto normale femminile di Perugia di cui diventerà anche direttrice.
La rimatrice del Trasimeno
Nel 1846 Assunta è già una poetessa apprezzata: lo testimonia il fatto che, appena salito al soglio pontificio Pio IX, riceve una lettera dall’intellettuale Gioacchino Pompili che la invita scrivere un sonetto per il Santo Padre, per esporgli le speranze e le necessità del popolo e per augurare ogni bene al suo Pontificato, che poi si rivelerà il più lungo della storia.
Nello scorrere i versi di Omaggio dalla terra di Passignano si ravvisa già uno dei temi principali della sua poetica, e cioè quello della pace lacustre: “Di viva luce l’aria sfavilla, e la cerulea onda ne brilla, che specchio al fulgido segno di pace immobil giace”.
In seguito si legherà anche al movimento risorgimentale italiano, scrivendo diverse poesie dal sapore patriottico.
Ma l’opera per cui Assunta Pieralli è maggiormente ricordata risale al 1890 e s’intitola Il lago Trasimeno, un poemetto di 1700 versi che racconta una storia d’amore, ambientata proprio sul lago, tra Baldo ed Ermelinda che ha come teatro l’Isola Maggiore e il paese di Castiglione del Lago. Tanto basta per fare poesia.
Foto | elaborazione grafica di Eugenia Paffile a partire da una foto di Assunta Pieralli
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