Giuseppe Fumagalli nacque a Firenze il 27 luglio 1863, figlio di Paolo, tipografo e calcografo alla corte di Leopoldo II. Quella familiarità con il mondo del libro non andò perduta: avrebbe segnato il destino di un uomo che divenne uno dei più importanti bibliografi italiani del suo tempo, e che ci ha lasciato un documento prezioso sulla presenza femminile nel mondo librario.
Un bibliotecario in movimento
Rimasto orfano in giovane età, Fumagalli seguì gli studi classici conseguendo la maturità nel 1880. Impossibilitato ad accedere agli studi universitari per ragioni economiche, intraprese subito la carriera bibliotecaria, divenendo un nomade delle biblioteche italiane: dalla Biblioteca nazionale di Firenze alla Governativa di Lucca (1881), dalla Riccardiana fiorentina (1883) all'Universitaria di Padova (1884), fino alla Vittorio Emanuele II di Roma.
Questa mobilità forzata si rivelò una fortuna: poiché la sua situazione familiare gli aveva impedito di accedere agli studi universitari, Fumagalli dovette concentrare tutte le sue capacità sulla catalogazione degli stampati, formandosi a poco a poco una straordinaria preparazione sui problemi bibliografici. Un autodidatta di genio che trasformò il limite in opportunità.
Il maestro della bibliografia
Nel 1885, quando sotto gli auspici di Francesco Martini venne bandito un concorso bibliografico sul miglior sistema di redazione dei cataloghi, Fumagalli ottenne il premio con una memoria che fondeva gli insegnamenti dei più importanti bibliografi stranieri con la sua esperienza personale.
Fu l'inizio di una carriera straordinaria. I suoi Cataloghi di biblioteche e indici bibliografici (1887) e Della collocazione dei libri nelle pubbliche biblioteche (1890) continuarono per oltre cinquant'anni a essere i testi in uso nelle principali biblioteche italiane. Ma il capolavoro arrivò nel 1905: il Lexicon Typographicum Italiae, un accurato repertorio di tutte le località d'Italia dove si era sviluppata l'arte tipografica, con l'elenco completo degli stampatori che vi avevano operato, che gli valse la fama di primo bibliografo italiano del tempo.
L'innovatore sociale
Fumagalli non fu solo un erudito chiuso nei suoi studi. Nel 1896 aveva fondato, insieme con il bibliofilo livornese Diomede Bonamici, la Società bibliografica italiana, divenendone il primo presidente. Un'istituzione che ebbe un peso considerevole sulle decisioni governative in materia di biblioteche.
A Milano, dove divenne direttore della Braidense nel 1896, fu chiamato a dirigere il “Giornale della libreria” e nel 1897 venne nominato presidente della Scuola professionale tipografica, che per suo appassionato interessamento divenne la rinomata Scuola del libro. Un visionario che capì l'importanza della formazione professionale nel settore editoriale.
Il divulgatore geniale
Ma Fumagalli aveva anche un'anima popolare. Nel 1895 pubblicò Chi l'ha detto?, un repertorio di citazioni e frasi popolari che ebbe enorme diffusione, con otto edizioni sempre accresciute fino al 1934. Un libro che rese accessibili a tutti tesori della cultura classica e moderna, testimoniando la sua capacità di coniugare rigore scientifico e comunicazione efficace.
Seguirono opere come L'ape latina (1911), dizionario di frasi latine di uso comune anche oggi, che confermarono il suo talento nel rendere la cultura classica viva e comprensibile.
L'attenzione alle donne del libro
È in questo contesto di apertura culturale e sociale che va collocata l'opera che oggi ci interessa: Donne bibliofile italiane, pubblicata nel 1926 da Hoepli. Un lavoro pionieristico che, con quasi un secolo di anticipo sui moderni gender studies, riconosceva il contributo femminile alla storia del libro.
Il volumetto, oggi rarissimo, rappresenta una delle prime ricognizioni sistematiche sulla presenza delle donne nel mondo della bibliofilia e dell'editoria italiana. Un'intuizione straordinaria per l'epoca, che dimostrava come Fumagalli sapesse guardare oltre i pregiudizi del suo tempo e riconoscere protagoniste spesso invisibili della storia culturale.
L'eredità di un maestro
Fumagalli morì a Firenze l'11 maggio 1939, lasciando un'eredità immensa: oltre alle sue opere fondamentali, aveva collaborato a decine di periodici, organizzato mostre ed esposizioni librarie in tutta Europa, fondato istituzioni culturali destinate a durare nel tempo.
La sua bibliografia, curata da Nello Vian, conta centinaia di titoli. Ma forse l'eredità più preziosa è metodologica: Fumagalli ci ha insegnato che la bibliografia non è solo catalogazione, ma strumento per comprendere la società, per far emergere storie dimenticate, per dare voce a chi non l'aveva.
È esattamente quello che fa oggi Massimo Gatta nel suo Breve storia della bibliofilia femminile: riprendendo l'intuizione di Fumagalli, la sviluppa in un affresco di otto secoli che restituisce finalmente visibilità alle protagoniste dimenticate della cultura del libro.
La ristampa anastatica delle Donne bibliofile italiane inclusa nel volume di Gatta non è quindi solo un omaggio al passato, ma un ponte verso il futuro: dal pionieristico lavoro di Fumagalli alla ricerca contemporanea, la storia della bibliofilia femminile continua a essere scritta, pagina dopo pagina.
Foto | Rielaborazione grafica a partire da una immagine presente nell'Almanacco dei bibliotecari italiani
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