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Un lunedì senza ombrello, di Susanna Trossero. Intervista all’autrice

Un lunedì senza ombrello, di Susanna Trossero. Intervista all’autrice Un lunedì senza ombrello, di Susanna Trossero. Intervista all’autrice
Un lunedì senza ombrello, di Susanna Trossero. Intervista all’autrice

La scrittrice Susanna Trossero è nota da tempo ai nostri come autrice di apprezzati racconti e romanzi. Adele, scritto in collaborazione con Francesco Tassiello e pubblicato per i tipi della Graphe.it, sta riscuotendo un buon successo di pubblico.

A lei il compito di aprire la nuova collana di racconti al digitale ePink, con Un lunedì senza ombrello, in cui Paola, donna abbandonata e ferita, deve fare i conti con la propria rabbia. Abbiamo intervistato l’autrice per approfondire i temi da lei affrontati.

Quanto è sepolta e pericolosa la rabbia delle donne?
Io spero che si stia superando quell’incanalamento culturale che vuole l’uomo impetuoso e la donna remissiva, sebbene io difenda a spada tratta la diversità esistente tra uomo e donna anche dal punto di vista caratteriale. Per sostenere questa tesi basterebbe osservare le reazioni di entrambi nel traffico di Roma: in linea generale l’uomo è collerico, appare incapace di contenere la propria aggressività, mentre la donna sembrerebbe più contenuta, meno “plateale” nel manifestare la sua contrarietà, addirittura più paziente, a parte eccezioni. È di certo un esempio che fa sorridere, leggero rispetto alla domanda che mi poni, ma significativo per arrivare al punto: la rabbia delle donne c’è, riempie un enorme serbatoio interiore spesso “clandestino”, dunque non si vede e viene per questo sottovalutata. Tuttavia le donne, chiamate a far bene ogni cosa per essere apprezzate (valide lavoratrici, ottime madri, mogli attente e così via, presenti ed efficienti al 100% in ogni ruolo che ricoprono), hanno imparato a incanalare la loro rabbia o lo scontento, l’insoddisfazione o la frustrazione, in modi più accettabili per la società o per il contesto in cui vivono. Quanta rabbia esiste, per esempio, dietro disordini alimentari, depressione, autolesionismo, abuso d’alcol o psicofarmaci? Quanto ha radici profonde o scaturisce dal dolore o ancora da un senso di inadeguatezza? Si dice che l’uomo sfoghi la propria rabbia diventando ostile nei confronti degli altri mentre la donna la trattenga dentro di sé finendo con il punire se stessa. Attenzione però a non dare questa teoria per scontata… io credo che chiunque tenda a implodere sia un potenziale pericolo – per se stesso o per gli altri – da non sottovalutare, ma ciò vale soprattutto per le donne del nostro tempo, dal bagaglio culturale e storico scomodo, di certo stanche di reprimere, di subire, di lottare per un diritto, e oramai troppo spesso protagoniste – come vittime – della cronaca nera.

La protagonista decide di non avere il bambino dell'uomo che l'ha ferita. Sono i figli (nati e non nati) a fare le spese dei nostri dolori?
La protagonista di questa mia storia vive un momento di fragilità, di confusione e di incapacità di “sopravvivere” alla fine di una storia. Non è in grado, così come accade quando ci si sente vittime di un cambiamento non desiderato, di comprendere che si può essere felici anche se non si vive in coppia, dunque suo figlio diviene un impedimento, un’appendice di chi le ha fatto del male. I figli fanno le spese dei nostri dolori? Temo di sì. Sono loro la parte vulnerabile, quella che nulla ha chiesto ma tutto subisce e paga. Sono le vittime degli errori adulti, delle scelte, delle circostanze, delle debolezze o – come dici tu – dei dolori. Perché se ci sono i figli non nati, ci sono anche quelli colpevolizzati perché nati, ed eccoli a pagare un prezzo che li segnerà a vita. Non esiste un libretto di istruzioni per comportarsi al meglio, ma siamo bravissimi a dare il peggio di noi, ammettiamolo.

L'amore è determinante per ogni essere umano, ma per alcune persone la fine di una relazione è devastante. Lesiva quasi dell'identità stessa. Di cosa hanno bisogno le donne per non crollare?
Di capire quanto valgono. Di aver avuto una madre e un padre capaci di sviluppare e coltivare la loro autostima. Di aver compreso che “l’altro” deve rappresentare un valore aggiunto alla loro vita, e che questa deve essere già ricca di interessi, di progetti, di vita sociale, perché l’assenza di qualcuno non crei un vuoto difficile da colmare. Se tu sentivi di esistere prima di dividere la tua vita con qualcuno, continuerai ad esistere anche se quel qualcuno ti ferirà. È umiliante, non sentirsi amati; si corre il rischio di sminuire il proprio valore e questo è sbagliato. Mentre è comprensibile e del tutto umano soffrire. La sofferenza è una tappa obbligatoria, dopo la fine di una relazione, ma non le si deve concedere un tempo più lungo di quello fisiologico, perché non diventi parte di noi e ci chiuda le porte del nuovo. Il cambiamento, può essere considerato un’opportunità per conoscere quella nuova donna che non è più la donna di qualcuno e dunque ha un quotidiano da reinventare. Ciò può riservare piacevoli sorprese.

La narrativa femminile sta cambiando secondo te? Le protagoniste di oggi sono più forti o più consapevoli?
A dire il vero no. Naturalmente la narrativa attuale offre di tutto e protagoniste forti e consapevoli ne ho incontrato diverse, per fortuna. Tuttavia sono altri i libri che emergono, e ahimè potrei fare molti esempi, ma basta leggere Cinquanta sfumature di grigio, libro purtroppo tanto amato dalle donne, per capire che ancora sono apprezzati certi cliché che mi risultano patetici. Se una così deviante visione della donna si traduce in tre milioni di copie vendute nella prima settimana grazie proprio al passaparola delle donne, beh, posso solo inorridire.

Narrare donne diverse, fuori dagli stereotipi può avere una funzione educativa, anche se inconsapevole?
Non so se possa “educare”, so però che è bene offrire qualcosa di inusuale, per dar modo di scegliere in chi ci si vuole riconoscere. Naturalmente, nel mio Un lunedì senza ombrello la protagonista è di un inusuale un po’ fuori dalle righe, di certo poco educativo, nondimeno posso dire che la mia Adele invece, pubblicata nel 2013 dalla Graphe.it, raccontava proprio della forza che si può trarre dalle debolezze femminili, e non si tratta di un paradosso. Insomma, ciò che intendo dire è che spesso, e senza presunzione, gli autori possono trasmettere nuovi stimoli e dare differenti visioni della vita a chi legge. Forse non educano, sarebbe presuntuoso, ma aprono la mente e moltiplicano i punti di vista. Ciò accade solo attraverso la scelta di personaggi fuori dagli stereotipi, come tu dici, perché sono proprio quelli a destabilizzare il lettore e a indurlo a riflettere, dunque ben vengano le donne scomode o difficili da gestire!

Intervista a cura di Mariantonietta Barbara

Un lunedì senza ombrello

di Susanna Trossero

editore: Graphe.it

Fino a che punto una donna ferita può sopportare il dolore senza reagire?

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