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Intervista ad Andrea Franco, autore di “Shalim”

Intervista ad Andrea Franco, autore di “Shalim” Intervista ad Andrea Franco, autore di “Shalim”
Intervista ad Andrea Franco, autore di “Shalim”

Andrea Franco ha pubblicato nella collana eTales un nuovo racconto, Shalim, candidato a ripetere il grande successo de La maschera, uscito lo scorso autunno. A distanza di qualche mese dalla precedente chiacchierata, noi di GraphoMania abbiamo voluto incontrato nuovamente, per scoprire cosa bolle in pentola. Come sanno i suoi lettori, Andrea non è avvezzo a riposare sugli allori…

Shalim mescola abilmente elementi tratti dalla tradizione del romanzo d’avventura “Pulp” ad altri, più marcatamente horror. Ma non solo: direi anzi che la contaminazione di differenti generi letterari è forse il segno distintivo di questo racconto. Come mai hai scelto questo approccio narrativo, suggestivo ma anche, per certi versi, spericolato?
Vero, in Shalim ho unito due mondi differenti, l’avventura tradizionale e l’horror. Le contaminazioni sono sempre molto pericolose, soprattutto oggi, che tutto vuole essere ben etichettato, però non mi sono fatto il problema. Ho unito in questo racconto alcune delle suggestioni ricavate dalle mie letture e credo di aver trovato un giusto compromesso. Certo, alla fine, dovendo scegliere un’etichetta, Shalim risulta essere un racconto horror, però il fascino delle traversate dei deserti, quell’atmosfera che ho ripreso dalle mie letture di Wilbur Smith, penso ci possa stare. Alla fine noi scrittori scriviamo quello che leggiamo. Qui c’è un po’ delle mie letture, rielaborate come al solito in modo personale, forse leggermente fuori dagli schemi.

In questo periodo il tuo nome compare su diverse pubblicazioni contemporaneamente, dalla narrativa alla saggistica. Quanto lavoro c'è dietro questi risultati così lusinghieri?
Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti. Mi fa piacere, ma mi sento ancora all’inizio di un percorso, quindi il vestito mi sta largo. Quanto lavoro? Tantissimo, tutti i giorni e con una buona costanza. Tutto il tempo che ho libero (dal lavoro ufficiale e dagli impegni familiari/sociali) lo dedico alla scrittura (il che significa anche leggere, studiare, documentarsi, portare avanti relazioni a più livelli...). Anche nel momento in cui mi sono arrivate queste domande stavo lavorando a un racconto, per una selezione importante che vede coinvolta ancora la Mondadori. E fra poco continuerò la revisione di un romanzo e la lettura di un testo che mi è stato assegnato privatamente per una consulenza. Insomma, mi distraggo il tempo necessario a far riposare la schiena e gli occhi e la mente, ma in fondo sono sempre al lavoro. Ogni piccola cosa, poi, apre nuovi scenari. Così non rifiuto mai un’opportunità di lavoro, che sia gratuita o a pagamento. Apro tutte le porte che ho davanti, sperando di arrivare a una sempre più importante. Ho degli obiettivi precisi, sto lavorando per questo!

Che consigli daresti a un aspirante scrittore?
Sempre i soliti, direi. Leggere tanto. Essere umile e ascoltare le critiche di chi ne capisce un po’ di più. Non avere fretta e lavorare sulla qualità. Non assillare tutti quelli che si incontrano col proprio racconto, romanzo, progetto. Come dicevo prima, le porte si aprono una alla volta. Un passo dietro l’altro. Se c’è la qualità e ci si sa muovere, i risultati arrivano. Conosco tanta gente che ha lavorato seriamente, facendo i passi giusti, e che si è tolta le giuste soddisfazioni. Altri rimangono al palo. Non è che il mondo dell’editoria sia cattivo. È solo che arrivare in alto è difficile, difficilissimo. Deve essere fatto tutto per bene, con pazienza e qualità. E tanta autocritica.

Nei giorni scorsi al Salone del Libro di Torino si è scatenato un acceso dibattito sul fenomeno del self-publishing e più in generale sul ruolo dell'editore oggi. Qual è il tuo punto di vista al riguardo?
Non è un mondo che mi appassioni molto, quello delle autopubblicazioni. Molto spesso –non sempre, sia chiaro – mi pare sia la scelta della resa. Quando non si riesce a fare un passo concreto ci si butta sull’autopubblicazione, puntando il dito contro gli editori “cattivi”! Ovviamente non sarà sempre così, ma credo che questo discorso possa valere per un 90% di questo genere di pubblicazioni. Poi c’è quel 10% che fa la differenza, per motivi vari. Per esempio io stesso, insieme all’amico Luca Di Gialleonardo, sto pensando di fare una cosa molto carina, per dare soddisfazione a una nostra passione. Ma sappiamo che è una cosa che non ha mercato, che non interessa a nessuno. Quindi la faremo da soli, per diffonderla a pochi, pochissimi, appassionati. Ma come vedi, è un gioco, non una vera pubblicazione. I veri libri sono quelli che un editore seleziona e decide di vendere (concedetemi di essere un po’ estremo, per sintetizzare). Comunque rimango diffidente sulle autopubblicazioni. È come se un pittore allestisse una mostra di propri quadri a casa sua. Quale sarebbe il senso? Chi ha deciso che sono bei quadri? Lui stesso? Scrivere è un lavoro solitario solo in parte. Senza il resto della baracca (selezioni, editing e quant’altro) si rischia solo di promuovere la mediocrità. Ognuno di noi, dopotutto, ha un proprio sito: non è sufficiente per esporre i propri lavori? Perché regalare soldi a un sistema che non aspetta altro che rendere ipertrofico il nostro ego? In Italia vengono pubblicati ogni anno oltre 50.000 libri (forse anche 60.000), nei modi più disparati. Il 90% di questi libri è come se non esistesse, e per buona parte ci sono libri che si possono trovare solo dagli amici e dai parenti dell'autore. Non mi pare che questa possa essere la soluzione ai problemi di un mondo editoriale a volte un po’ troppo chiuso, no? E poi, perché è così chiuso? Perché in Italia non compriamo libri e se lo facciamo, ignoriamo gli italiani (ho prove concrete al riguardo, ma non mi dilungo ora...). Quando impareremo a fare le cose in modo diverso, qualcosa cambierà. E anche la necessità delle autopubblicazioni verrà a indebolirsi. Ma potrei sbagliare.

La cultura al tempo della crisi: utopia o necessità?
Necessità, sempre e comunque. È la luce che ci guida nel buio. La crisi si supera con la consapevolezza. E la cultura, anche se non paga nell’immediato, è la sola possibilità di andare avanti in un certo modo.

Inevitabile domanda conclusiva, caro Andrea: a cosa stai lavorando adesso?
A molte cose, non tutte divulgabili, ora. Posso dire che sto seriamente pensando di scrivere un romanzo di fantascienza per il premio Urania. Sto continuando i miei articoli Scrivere Fantasy per la rivista Writers Magazine Italia. Ho un saggio pronto che doveva uscire quest’anno, ma ormai slitterà al 2013, spero (maledetta crisi!). La cosa più importante alla quale mi sto dedicando è lavorare sulla mia scrittura e cercare di aprire una porta per me importantissima: quella dietro la quale c’è la possibilità di pubblicare romanzi d’ambientazione storica. Naturalmente l’obiettivo principale è Mondadori. Una cosa che ho in mente da tempo, ma non ho ancora mai iniziato perché non trovo un editore che mi offra le giuste garanzie, è scrivere un piccolo manuale sull’Opera Lirica, una sorta di “Andiamo all'Opera”, con presentazione delle opere più famose per i non esperti... vedremo!

L'autore: Luigi Milani
Luigi Milani Luigi Milani è giornalista freelance, editor e traduttore. Per la Graphe.it edizioni dirige la collana di narrativa digitale eTales.

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Shalim

di Andrea Franco

editore: Graphe.it

Non è morto ciò che in eterno può attendere (H.P. Lovecraft)

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