Dopo l’intervista di Susanna Trossero a Francesco Tassiello in occasione dell’uscita del loro romanzo Adele, le parti si invertono e Francesco intervista Susanna.
Susanna Trossero, autrice di romanzi, poesie e racconti brevi, più volte premiata e ben recensita; sarà pubblicato a giorni il tuo nuovo romanzo Adele, edito con la Graphe.it e scritto a quattro mani con lo psicosessuologo Francesco Tassiello: cosa ti ha spinto verso questa nuova esperienza?
Da tempo desideravo scrivere un romanzo in cui mescolare narrativa e psicologia, ma utilizzando una formula che si discostasse da manuali di esperti o da elenchi dettagliati di studi scientifici. Qualcosa che non si rivelasse di difficile lettura e che tuttavia trasmettesse messaggi profondi, in bene e in male. Così è nata Adele, una storia ricca di colpi di scena ma anche di comportamenti in cui possiamo trovare qualcosa che conosciamo; ho chiesto a Francesco di decodificarli in qualche modo attraverso la sua materia, per aiutarci a comprenderli meglio e per arricchire il romanzo di significati, e il risultato mi ha davvero entusiasmato.
La storia e la regia dell’intero lavoro ti appartengono; per te non è stato un semplice lavoro di squadra ma molto di più: quanta fatica ti ha comportato? Quanto stress o nervosismo?
No, non nervosismo e neppure stress. Fatica a volte sì, lo ammetto, e non poca. Questo è un lavoro complesso, lungo due anni, visto rivisto e corretto più volte, stravolto smontato e rimontato fino al risultato finale, che spero sarà apprezzato dai lettori. E se è vero che non si è trattato di un “semplice” lavoro di squadra, è vero anche che proprio per questa ragione è stato interessante sotto molti aspetti. Attratta da sempre dalla psicologia dei comportamenti umani, non potevo che trarre beneficio dal discutere - con un esperto in materia - della difficoltà che ogni essere umano trova nel vivere e condividere la vita con un’altra persona. Dunque la mia fatica è stata più che premiata, direi!
Adele non è soltanto il titolo del libro, ma è anche e soprattutto una donna che si racconta; al di là di scelta narrativa o di creatività, c’è qualcosa nella sua personalità che si mescola con la tua?
Come autrice posso risponderti con un discorso più generale che abbraccia tutto il mio scrivere: adoro inventare. E per farlo attingo da ciò che conosco: ma astrattezze più che fatti o storie altrui; emozioni scaturite dallo sguardo triste di una donna incontrata sull’autobus, sensazioni belle o brutte trasmessemi da una frase letta o sentita. La vita è piena di memorie nostre e altrui che ci influenzano, che ci fanno riflettere e che possiamo scomporre e reinventare a nostro piacimento. Per scrivere dobbiamo essere bravi spettatori, perché prima ancora che a imparare a scrivere bisognerebbe imparare ad osservare, rielaborando tutto attraverso lo strumento della fantasia. Dunque io non sono Adele né lei è Susanna, molte sono le azioni da lei compiute nelle quali io non mi ritrovo affatto, ma ci apparteniamo. Ed è questa la vera magia della scrittura.
I lettori sono giudici severi, cercano sempre qualcosa in un libro ed è estremamente facile deludere le loro aspettative: la fatica del quotidiano condiziona la tua vena creativa?
Ci sono giorni in cui è meglio non scrivere: la condizione necessaria per farlo è l’avere tempo, dimenticare le incombenze, i problemi o l’orologio. Solitudine, tranquillità, silenzio o buona musica. In assenza di tutto ciò è meglio dedicarsi a qualcos’altro perché il foglio bianco si sporcherà di note stridenti e nient’altro. Non dovrebbe essere il timore di deludere i lettori ad avere la meglio, deve prevalere il piacere personale dello scrivere; se questo non c’è perché il momento o lo stato d’animo sono “sbagliati”, non ci sarà neppure vena creativa. Ecco perché scrivo solo quando le condizioni sono ideali e, per fortuna, nel mio quotidiano lo sono spesso.
Perché leggere Adele?
Per cercarvi un’emozione. Per scoprire qualcosa di più sulle donne. Per essere più indulgenti con gli uomini. Per provare a rispondere alla domanda: mutilante è vivere in coppia o in piena e consapevole solitudine?
Per concludere, c’è qualcosa che vuoi dire a Francesco?
Voglio ringraziarlo per la sua disponibilità a seguirmi in un progetto per lui del tutto nuovo; per la sua capacità di accettare le mie “regole” e i miei suggerimenti; per la pazienza dimostrata quando regole e suggerimenti si ribaltavano stravolgendo ogni cosa! Ma anche per tutto ciò che mi ha spiegato sulla sua materia, chiamandomi collega per la mia naturale propensione a comprenderla.
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