Il tempo perso in aeroporto di Lorenzo Foltran è una raccolta poetica che esplora le molteplici sfumature del tempo attraverso tre sezioni distinte. Il tempo emerge come elemento relativo che si dilata e si comprime, percepito soprattutto come perdita nella vita quotidiana alienante.
Il lettore si muove tra giorni senza calendario e calendari appesi per nascondere le crepe della realtà. Le poesie alternano ore piene e vuote, minuti precisi necessari per cucinare una pastasciutta che risulta però insipida. La dimensione del sogno e dei videogame si contrappone all'ambiente non cronologico del ricordo.
Insieme alla giornata si rischia di perdere la strada o il senso di sé: la scrittura diventa allora l'antidoto al disperdersi dei propri momenti, anche quando si esaurisce semplicemente la pila dell'orologio.
La raccolta, con prefazione di Jean Portante e postfazione di Claudio Cugliandro, presenta la voce poetica di un autore che vive tra Roma e Francia. Lorenzo Foltran crea un ponte tra realtà alternativa e quotidianità, offrendo una riflessione profonda sul tempo perduto e ritrovato attraverso la poesia contemporanea italiana.
Lorenzo Foltran è nato a Roma e vive in Francia. Dopo gli studi in italianistica a Roma Tre, si è specializzato in management dei beni e delle attività culturali con un master tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’École Supérieure de Commerce de Paris. Ha lavorato per la Casa delle Letterature (Festival delle Letterature) e l’Institut français (Festival della narrativa francese) a Roma, e la Fête de la Gastronomie e il Pavillon de l’Eau a Parigi.
Ha pubblicato In tasca la paura di volare (Oèdipus edizioni, 2018) e sue poesie sono comparse su varie riviste letterarie come anche sul quotidiano La Repubblica. Nel 2019 ha vinto il Concorso Nazionale Sinestetica per poesia inedita. Nel 2021 esce, per Graphe.it edizioni, Il tempo perso in aeroporto.
Adriano Foltran (Roma, 1990) è un artista e illustratore con un Diploma Accademico in Didattica e Comunicazione dell’Arte conseguito all’Accademia di Belle Arti di Roma e un Master of Art alla Luiss Business School. La sua ricerca si concentra sul concetto di imago attraverso ritratti e autoritratti, indagando il cambiamento personale e l’evoluzione della tecnica artistica. Ispirato dalla cultura fumettistica, dall’estetica giapponese e dalle opere di Andrea Pazienza, crea immagini dal sapore simbolista e concettuale. Parallelamente, ha maturato un’ampia esperienza come curatore e organizzatore di eventi artistici, collaborando con istituzioni come il Chiostro del Bramante. Nelle sue opere e nei suoi progetti fonde memoria, identità e sperimentazione, mantenendo sempre vivo il dialogo tra diverse forme espressive.
Jean Portante (1950) è un poeta lussemburghese di origini italiane che vive a Parigi. Ha scritto una quarantina di titoli tra poesia, romanzi, saggi e pièce teatrali, molti dei quali tradotti in varie lingue.
Vincitore di diversi premi letterari, è membro dell'Accademia Mallarmè e fa parte della giuria del Premio Guillaume-Apollinaire. È direttore delle riviste Transkrit in Lussemburgo e Inuits dans la jungle in Francia, come anche delle collane Cahiers latins delle edizioni Caractères e Les Passeurs d’Inuits delle edizioni Castor Astral.
Foto | WikiCommons
Claudio Cugliandro nasce a Palermo nel 1991, ed è laureato in Scienze della Comunicazione per le Arti e le Culture. Scrive per numerose testate e riviste, sia online che cartacee, tra le quali “Stay Nerd”, “Not”, “IMESI”, “Il Manifesto” ed “Everyeye”, parlando di videogiochi, cultura, comunicazione e nuovi media.
Il tempo è il tema di questa raccolta che in tre sezioni ne esplora le molte sfumature. Esso appare come un elemento relativo che si dilata, si comprime, e che soprattutto passa, in rapporto però allo spazio dentro al quale scorre: la dimensione del sogno e della realtà alternativa dei videogame, l’ambiente non cronologico del ricordo o della riflessione, sono contrapposti allo scandire alienante della vita vera, dove il tempo è percepito soprattutto come perdita. Così il lettore procede fra giorni senza calendario o calendari appesi al muro per nasconderne le crepe; si riconosce fra ore piene e vuote, nei minuti precisi che occorrono per cucinare una pastasciutta che però risulta insipida. Insieme alla giornata si rischia di perdere talvolta la strada o il senso di sé: scrivere è allora l’antidoto al disperdersi dei propri momenti, anche quando è soltanto esaurita la pila dell’orologio.
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