I componimenti di questa raccolta antologica apparentemente non hanno un solo riflesso: nascono da spinte diverse, ma figli di un’unica radice si possono quindi – come l’autore ha fatto – riunire sulla base di somiglianze difficili da descrivere a parole; ma il movimento, la direzione, un impercettibile unisono portano il lettore a trovare un filo conduttore ben saldo. Una consanguineità versificatoria che si esprime tramite un numero relativamente ristretto di chiavi: per esempio il corpo (parola e concetto che torna, neutro e universale, più che condiviso), che talora dorme, talaltra sogna; la luce che segna il limite fra cielo e terra, prima ancora che quello con l’ombra, luce che diventa fuoco, il quale poi l’essere umano chiama amore; il suono come traccia dell’esistenza (vegetale e animale); la verità. Ed ecco che il voltarsi porta sempre nel suo gesto uno specchio infinito: con l’uomo al centro, uno, o due insieme, o tutti, difficile a dirsi.
Biografia dell'autore
Antonio Bux

Antonio Bux (Foggia, 1982) ha pubblicato, tra l’altro, Trilogia dello zero (Marco Saya 2012), Kevlar (Società Editrice Fiorentina 2015), Naturario (Di Felice 2016; finalista premio Viareggio), Sasso, carta e forbici (Avagliano 2018) e il recente La diga ombra (Nottetempo 2020).
In spagnolo ha pubblicato 23 – fragmentos de alguien (Buenos Aires 2014), El hombre comido (Buenos Aires 2015), Saga familiar de un lobo estepario (Toledo 2018) e in vernacolo foggiano la silloge Lattèssanghe (Le Mezzelane 2018).
Come traduttore ha curato i volumi Finestre su nessuna parte (Gattomerlino Superstripes 2015) di Javier Vicedo Alós, Bernat Metge (Joker 2020) di Lucas Margarit e Contro la Spagna e altri poemi non d’amore (Nessuno editore 2020) di Leopoldo María Panero.
Redattore e rubricista per la rivista Avamposto, ha fondato e dirige il lit-blog Disgrafie e alcune collane per le Marco Saya Edizioni e per l’editrice RPlibri.