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Le ore in testa: intervista con l'autrice Luisa Sparavier

Le ore in testa: intervista con l'autrice Luisa Sparavier Le ore in testa: intervista con l'autrice Luisa Sparavier
Le ore in testa: intervista con l'autrice Luisa Sparavier

Ebbi la fortuna di incontrare Luisa Sparavier a Trieste molti anni fa. Un incontro di poche ore in uno di quegli assolati, fuggevoli giorni di marzo, quando la primavera ti si getta addosso con una veemenza trasognata che quasi ruba il fiato.

Rimasi, lo ammetto ora senza reticenze, profondamente colpito da quel suo sguardo ambrato, profondo, a cui niente e nessuno sembrava sfuggire. Occhi che gettavano all’intorno una rete luminosa, fermamente gentile, ma anche acuminata, con maglie che potevano diventare – in un baleno – taglienti.

L’anno scorso, dopo tanto tempo e tanta vita passata, il destino ci ha fatto incontrare di nuovo e oggi quel medesimo, capriccioso destino ha voluto che la intervistassi in vista dell’uscita della sua ultima raccolta poetica: Le ore in testa

Intervista a Luisa Sparavier 

Una volta lessi in un’antologia scolastica che il poeta non è mai il migliore interprete di se stesso. Cosa ne pensa? Concorda? O trova la definizione un po’ risibile?
Concordo. D’altra parte non ho ancora conosciuto un calzolaio con le scarpe adatte o una parrucchiera con i capelli in ordine.

Vi è stato un momento preciso in cui ha capito che scrivere poesia era nel suo destino? Inscritto nel suo DNA?
Non si è trattato di un momento. Da quando ricordo ho sempre scritto poesia. Non ne posso fare a meno. È come se scrivere fosse la mia ancora di salvataggio rispetto alla follia. Se scrivo esisto, posso toccare le mie emozioni, essere consapevole, lenire la sofferenza che mi accompagna costantemente.

Vi sono stati autori che in qualche modo l’hanno ispirata, toccata così nel profondo da fare scattare in lei il desiderio di prendere carta e calamaio?
Sono tanti gli autori che amo. E proprio perché li amo li temo. Temo la tentazione inconscia di rubacchiare uno stile, un modo di declinare parole e sentimenti. Temo le cose che non si devono fare soprattutto quando l’amore e il rispetto sono tanti. Alcuni nomi che non mi lasciano mai: Wisława Szymborska, Alda Merini, Sylvia Plath, Anne Sexton, Edgar Lee Masters, Mario Luzi, Emily Dickinson, Walt Whitman, Attilio Bertolucci, Giacomo Leopardi, Federico Tavan, Pierluigi Cappello, Giuseppe Ungaretti, Chandra Livia Candiani…

Nel mondo di oggi quale ruolo può avere la poesia?
Un ruolo che, con rammarico, mi pare non le venga giustamente riconosciuto. La poesia è troppo spesso solo una Cenerentola che non riesce mai ad andare al ballo, a conoscere il principe, a perdere la scarpetta di cristallo. Forse questo accade perché la poesia sa come prendere a schiaffi chi legge, sa farci vergognare di essere umani non umani.

E l’arte in generale?
Difficile la vita anche per l’arte in generale, temo. Ma qui mi ostino a pensare che qualche speranza in più ci sia. C’è materia che si tocca, c’è colore che stimola più direttamente. E c’è “mercato”… tentazione fortissima anche per chi non ama l’arte in sé e non capisce la necessità di andare in profondità.

Come è nata questa nuova raccolta poetica pubblicata dalla Graphe.it edizioni? Quali sussulti (o se preferisce tumulti) interiori hanno dato vita a Le ore in testa?
Dormo poco e la notte è un territorio di silenzio e pensieri che mi lascia spazio per appunti che poi sviluppo alla luce del giorno. Le ore in testa sono uno dei frutti che ho maturato lentamente: prima attraverso la scultura e poi grazie alle parole. È come se avessi seguito sentieri diversi che si sono congiunti in questa raccolta.

Vi è un verso di ieri o di oggi che sente più suo di tutti gli altri? La poesia che la nasconde e la rivela al tempo stesso?
Forse è questa, ma mi è difficile scegliere: come si fa? Le mie parole mi sono tutte figlie e non mi piace fare preferenze. Comunque scelgo Al riparo. Ma non do spiegazioni.

Al riparo del fragile tetto
di tegole della memoria
senza nulla inventare
raccontando
solo ciò che è stato,
le persone che ho conosciuto:
spettacolo.
I pensieri impazienti premono
contro la fronte,
urge la loro rapida uscita.
È obbligatorio
stringere in poche frasi
il giro largo degli accadimenti.
Breve e densa:
così la vita
così il raccontarla.

Dulcis in fundo, prima di salutarci (e spero sia solo un arrivederci), vorrei che mi parlasse anche del legame tra arte e poesia, tra i suoi disegni che ornano la copertina di Le ore in testa e i versi racchiusi al suo interno, tra le parole e le figure; dieci volti, mi lasci dire, che già al primo sguardo evocano un’emozione. Quasi un sortilegio.
Come ho detto dormo poco e i miei appunti notturni a volte sono parole e a volte schizzi per disegni o sculture. Per me non c’è differenza. I dieci volti rappresentano dieci stati d’animo, non sono ritratti di persone reali o immaginarie. La tecnica che ho utilizzato, soprattutto l’ABS estruso ad alta temperatura, mi ha aiutata a scremare, a tracciare segni nell’aria che, per me, hanno lo stesso peso delle parole. Il mio linguaggio è semplice, schietto. Non vado alla ricerca di suoni imperscrutabili. E lascio a chi guarda e a chi legge l’onere di districarsi tra i miei pensieri.

L'autore: Giorgio Podestà
Giorgio Podestà Giorgio Podestà, nato in Emilia, si occupa di moda, traduzioni e interpretariato. Dopo la laurea in Lettere Moderne e un diploma presso un istituto di moda e design, ha intrapreso la carriera di fashion blogger, interprete simultaneo e traduttore (tra gli scrittori tradotti in lingua inglese anche il Premio Strega Ferdinando Camon). Appassionato di letteratura italiana, inglese e americana del secolo scorso, ha sempre scritto poesie, annotandole su quadernini che conserva gelosamente. Con Graphe.it ha pubblicato la raccolta poetica «E fu il giorno in cui abbaiarono rose al tuo sguardo» e il saggio «Breve storia dei capelli rossi».

Guarda tutti gli articoli scritti da Giorgio Podestà

Le ore in testa

di Luisa Sparavier

editore: Graphe.it

pagine: 48

«La poesia esiste per arricchire le coscienze e per dare lucentezza allo sguardo» (dalla prefazione di Marta Mauro)

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