Era di origini umili, Emilio De Marchi, scrittore milanese della seconda metà dell’Ottocento prematuramente scomparso a soli cinquant’anni nel 1901. Forse per questo i suoi personaggi erano altrettanto umili e modesti, per lo più contadini della provincia o piccolo-borghesi che tentavano di affermarsi con tutte le loro forze. Li tratteggiò sempre con un tocco leggero e benevolo, moralista sì, ma anche denso di umorismo e toni nostalgici.
De Marchi, infatti, si distacca ben presto dalla Scapigliatura che impera in quegli anni nei circoli letterari della sua città, per abbracciare uno stile naturalistico assai più vicino a quello del Manzoni.
Emilio De Marchi e l’eredità del Manzoni
Con il grande autore del romanzo moderno, Emilio De Marchi condivide innanzitutto la visione sociale della letteratura: è per questo che sarà tra i fondatori della rivista La vita nuova, dalla quale si distaccherà quando questa assumerà posizioni per lui troppo radicali; sempre per questo deciderà di pubblicare i propri romanzi a puntate per le appendici dei giornali allora più in voga, fortemente convinto che la letteratura avesse anche una funzione educativa per il popolo, quello stesso popolo da cui attingeva.
I suoi eroi, infatti, sono dei vinti che tentano di ribellarsi alla società, ma poi vengono sconfitti dagli inevitabili contrasti delle passioni, prima tra tutte l’amore.
Nei suoi romanzi si avverte anche l’eco della rigida morale derivante dalla sua fede cristiana e dell’esperienza che fece in alcune opere caritative cittadine.
Il cappello del prete, primo noir della storia d’Italia
Uscito prima su L’Italia e poi sul Corriere di Napoli nel 1888, è considerato il primo vero romanzo poliziesco in lingua italiana.
Ambientato nella città partenopea, racconta della crisi economica del barone locale Carlo Coriolano di Santafusca che deve ben quindicimila lire al Sacro Monte delle Orfanelle. Il nobile decide di chiedere un prestito a u prevete, al secolo padre Cirillo, un sacerdote noto in città più per i suoi affari che per la cura delle anime. I due si accordano ma segretamente ognuno si adopera per truffare l’altro: padre Cirillo, infatti, sa che a Villa Santafusca è interessata la diocesi che pagherebbe ben oltre la somma pattuita per la vendita; il barone, invece, medita di uccidere il prete dalla dubbia reputazione per impossessarsi di tutti i suoi averi e risolvere così una volta per tutte i suoi problemi economici.
Il giorno dell’appuntamento padre Cirillo riceve in dono un cappello nuovo e sarà proprio questo l’indizio da cui la polizia avvierà le indagini sulla scomparsa del sacerdote. Dopo varie peripezie giungono ad arrestare il barone che in un primo momento nega tutto, poi, spinto da un’inspiegabile forza interna, confessa le proprie colpe.
Demetrio Pianelli, un Fantozzi ante litteram
Questo romanzo pubblicato nel 1890 è il vero capolavoro di Emilio De Marchi, il quale gli darà pure un seguito: Arabella (1893) che narra le vicende della nipote di Demetrio, come lui condannata dagli eventi all’infelicità.
È la storia di Cesarino, sposato con la bellissima Beatrice e padre di tre figli – Arabella, Mario e Nardo – che trovandosi in ristrettezze economiche ruba duemila lire al lavoro. Una volta scoperto, non regge alla vergogna e si impicca, anche se alla famiglia viene fatto credere che sia morto per un malore improvviso. Prima di morire, però, aveva lasciato al fratello Demetrio – con il quale non aveva più rapporti da molti anni – in cura la propria famiglia e anche in eredità l’appianamento del debito.
Demetrio si trova così a dover ottemperare alle volontà del fratello: all’inizio è riluttante e lo fa solo per senso del dovere, poi inizia a costruire un rapporto paterno con la nipote e a vedere anche la cognata Beatrice con occhi nuovi… nel frattempo, però, Beatrice riceve una proposta di matrimonio piuttosto vantaggiosa dal punto di vista economico mentre lui viene trasferito per lavoro da Milano e Grosseto. Partirà, ovviamente, con l’amaro in bocca e la rassegnazione sul suo destino che non prevede la realizzazione dei propri sogni.
Opere minori e traduzioni di Emilio De Marchi
Emilio De Marchi firmò altre opere, sia in poesia che in prosa, in cui gli intrecci si complicano fino a sfociare nel melodramma: su tutte si cita Redivivo del 1894, da cui Pirandello trasse ispirazione per il suo Mattia Pascal.
Anche come traduttore dal francese Emilio De Marchi fu molto attivo: importanti i suoi adattamenti in versi delle favole di La Fontaine, di cui mantenne la polimetria e la rima, eliminando, invece, i riferimenti colti alla cultura d’Oltralpe, preferendole espressioni popolari, proverbi e modi di dire più comprensibili per il pubblico italiano. Anche qui si nota un omaggio al “maestro” Manzoni: oltre a spostare l’ambientazione da Parigi a Milano, infatti, i nomi dei personaggi saranno cambiati con quelli dei personaggi dei Promessi sposi.
Foto | Elaborazione grafica a cura di Eugenia Paffile a partire da una foto di Emilio De Marchi scattata prima del 1901 (via WikiCommons)
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