Non solo oppio, potremmo dire: la produzione artistico-letteraria dello scrittore Thomas De Quincey è ben più ampia, anche se non altrettanto di successo. Per esempio un altro tema interessante è quello dell’omicidio, che ha affrontato nel suo testo On Murder Considered as one of the Fine Arts – tradotto L’assassinio come una delle belle arti – e che ha fatto molto discutere per la prospettiva inedita dalla quale è stato scritto, tanto da far accusare ingiustamente il suo autore di delitti.
A questa domanda non esiste una risposta univoca: soprattutto se la si circoscrive al piano letterario, il sì o il no dipendono fortemente dallo spazio ma soprattutto dal tempo. Nell’Inghilterra del diciannovesimo secolo, tanto per cominciare, verrebbe da dire di no: una prima parte dell’opera viene scritta nel 1827; la seconda nel 1839, cui farà seguito un post scriptum datato 1854 e causeranno all’autore false accuse per gli omicidi di Ratcliffe Highway oltre, addirittura, la diceria che questi si fosse suicidato in seguito a tali accuse; ipotesi, poi, entrambe smentite in una sua biografia più recente.
Nel mondo di oggi, in cui nel piano artistico vanno annoverati anche il cinema, la televisione o i podcast, la descrizione di un delitto in chiave estetica e se vogliamo anche ironica, non stupisce né tantomeno scandalizza più: possiamo affermare, dunque, che l’opera di De Quincey abbia fatto da apripista alla fascinazione moderna di raccontare il crimine come spettacolo e alla nascita, di fatto, del genere crime.
L’assassinio come una delle belle arti è un saggio in cui si esplorano il concetto e la pratica dell’omicidio in termini satirici ed è tra l’altro solo la prima opera, in ordine cronologico, in cui De Quincey affronta il crimine in prospettiva non reale ma estetica, adottando un approccio non degno della cronaca, bensì della letteratura. Il testo è presentato come il resoconto di una conferenza tenuta dalla fantomatica Società degli intenditori dell’Assassino, in cui il tema affrontato era proprio quello dell’estetica dell’omicidio, da Caino alla modernità, con tanto di accenni veri o inventati alle vite di filosofi e personaggi storici.
Ne risulta un’opera intrisa di umorismo macabro, che in parte sembra giustificare l’omicidio in nome dell’estetica, e in parte impone al più efferato dei crimini criteri per così artistici che deve obbligatoriamente soddisfare al di là della morale e della giustizia che sono sempre stati gli unici criteri, fino ad allora, adatti a classificarlo.
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