Vissuto a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, lo scrittore britannico Thomas de Quincey (1785-1859), oggi forse troppo trascurato, è stato uno dei più originali del suo tempo, un precursore che tanta influenza ha avuto su autori successivi e assai più famosi, a partire da Baudelaire ma anche Shelley o Byron.
Quarto di otto figli, Thomas nasce a Manchester nella famiglia di un commerciante di tessuti dal pensiero liberale e con velleità letterarie, tanto da aver dato alle stampe un libro contro la pratica dello schiavismo e aver fondato in città una società dedita alla letteratura e alla filosofia. Nonostante ciò, furono le figure femminili a dominare e influenzare la vita di Thomas fin dall’infanzia, dal momento che il padre contrasse una brutta forma di tubercolosi che lo portò a trascorrere lunghissimi periodi fuori dall’Inghilterra dove il clima era più salubre.
Thomas cresce, quindi, con una madre autoritaria e una sorella amatissima che perde prematuramente, abbandona la scuola presto e inizia a girovagare per il Galles fino a stabilirsi a Londra dove conosce l’amore per Ann e quello per l’oppio che lo renderà famoso ai posteri.
Assunto inizialmente come medicamento per le sue frequenti nevralgie, l’uso dell’oppio diventa per Thomas presto un’abitudine, fino a trasformarsi in una dipendenza che lo porterà alla rovina finanziaria.
Costretto a lasciare Londra per la campagna inglese, soggiorna in piccoli borghi dove conoscerà e frequenterà i poeti Wordsworth e Coleridge – anche loro oppiomani – dove si sposerà e dove tenterà la carriera di giornalista collaborando con diverse testate.
Pieno di debiti, fa ritorno a Manchester e riesce a stabilizzarsi economicamente grazie alla pubblicazione del suo capolavoro, Le confessioni di un mangiatore d’oppio, il cui successo non riuscirà mai più a ripetere.
Nel corso della sua vita letteraria, de Quincey si dedica a molti argomenti: dalla critica alla politica, dall’economia all’umorismo macabro fino al costume, spaziando dalle fantasie oniriche alle indiscrezioni biografiche, ma senza mai raggiungere in vita una vera popolarità.
Poco prima della sua morte si dedicherà a una seconda edizione delle sue Confessioni – più lucida e vitale poiché scritta anni dopo aver risolto la dipendenza – che lo collocano in una posizione di anticipatore di quelle istanze decadenti che qualche anno dopo avrebbero trovato nella letteratura francese la loro massima espressione. Muore a Edimburgo nel 1859 all’età di 75 anni.
Foto | John Watson Gordon, Public domain, da Wikimedia Commons