La poesia devozionale fu per Christina Rossetti (1830-1894), nata a Londra in una famiglia a cui ingegno e talento non facevano certo difetto (il padre originario di Vasto insegnò per svariati anni lingua e letteratura italiana al King’s College, mentre l’amato fratello Dante Gabriel, ancora giovanissimo, si distinse come pittore preraffaellita), una necessità. Un’urgenza acuta del cuore.
Un filo d’oro da sbrogliare e inseguire lungo i dissestati, incerti meandri della vita, fino a quella soglia in attesa di essere un giorno varcata, ma per ora solo misteriosamente sospesa tra due dimensioni; vibratile ponte destinato a unire mondi diversi ma ugualmente ineffabili. Vicini eppure incommensurabilmente lontani. Un enigma su cui splende alto, più abbagliante di ogni esistente mezzogiorno, di ogni debordante luce, la figura sontuosa di Gesù. Lo sposo principescamente celeste. L’amante mistico verso cui l’anima della poetessa tende in un costante anelito.
Un tema ricorrente in molti componimenti dell’autrice de Il mercato dei folletti, dove la voce supplice e mormorante della “sposa di Cristo” mostra spesso e volentieri la sua esistenza solitaria, la sua afflizione mestamente ripiegata, il suo passo di quando in quando vacillante (il peso da portare può essere a tratti molto gravoso) eppure caparbiamente fedele nel tempo.
In Vigilia di Natale, la nascita del Redentore viene però annunciata con tutt’altro tono, in un tripudio poetico che chiama – e non potrebbe essere diversamente – al giubilo collettivo in cui tutto e tutti si uniscono festosi e quasi trasecolati – ora sono gli angeli, ora le campane, ora gli uccelli ebbri di note e felicità – al miracolo luminoso e senza eguali della venuta del figlio di Dio, fattosi per noi umilmente uomo.
Un gioiosissimo canto a più voci, pronto a zampillare di luogo in luogo, a unire per sempre cielo e terra. Un coro largo, trasversale, vasto più degli oceani, più del sole stesso, chiamato a riverberarsi – e non potrebbe essere altrimenti – in ampi cerchi d’amore fino alla fine dei tempi. Ben oltre le colonne d’Ercole di questo nostro piccolo, effimero mondo.
La poesia Vigilia di Natale di Christina Rossetti è letta da Gabriele Atripaldi.
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