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Fëdor Dostoevskij: i 5 romanzi da non perdere

Fëdor Dostoevskij: i 5 romanzi da non perdere Fëdor Dostoevskij: i 5 romanzi da non perdere
Fëdor Dostoevskij: i 5 romanzi da non perdere

Vorrei iniziare questo post di consigli personali sui cinque romanzi di Dostoevskij da non perdere, ricordando un episodio che accadde oltre due anni fa.

Ricordate quando nel febbraio 2022 la Russia attaccò l’Ucraina? In seguito anche nel mondo intellettuale si dichiararono guerre, che arrivarono fino al punto in cui addirittura qualcuno propose di bandire le opere, immortali e imprescindibili, della letteratura russa, colpevole solo del fatto di essere, appunto, russa.

Ennesima dimostrazione di quanto l’uomo possa essere basso, inetto e in definitiva stupido… proprio come spesso lo descrive Dostoevskij nei suoi romanzi.

I 5 capolavori di Dostoevskij che non puoi perdere


Memorie dal sottosuolo
, l’inesprimibile desiderio della sofferenza

Uscito nel 1864, questo romanzo segna un po’ uno spartiacque tra la fase preparatoria dello scrittore e quelli che sono universalmente (tranne per un breve periodo due anni fa, come detto) riconosciuti come capolavori.

È diviso in due parti: la prima è il monologo sociale di un individuo che si descrive come afflitto da una pigrizia sostanziale che lo contrappone ai cosiddetti uomini d’azione. Da qui arriva alla conclusione secondo cui l’uomo stesso, apparentemente proteso verso il benessere, in realtà agogni segretamente il dolore, la sporcizia e l’autoumiliazione.

Nella seconda parte, il suddetto protagonista narra alcuni episodi della propria vita che dimostrino la sua tesi. Si tratta della prima incursione dell’autore nel campo della filosofia, dove prende corpo il tema dell’“uomo del sottosuolo” che pervaderà molti suoi personaggi e molti suoi romanzi.

Delitto e castigo, l’etica cristiana

Nel 1866 Dostoevskij pubblica quello che è un caposaldo del suo pensiero religioso ed esistenzialista: Delitto e castigo, che già nel titolo anticipa il proprio contenuto.
L’azione si svolge a San Pietroburgo nel corso di un’estate afosa in cui il giovane studente squattrinato Raskol’nikov organizza e infine compie l’omicidio di una vecchia e avida usuraia, ma anche quello – imprevisto – della di lei mite e più giovane sorella, comparsa sulla scena all’improvviso. Quando si dice la persona sbagliata nel posto sbagliato.

Raskol’nikov dopo il delitto viene colto dalla febbre, durante la quale matura incubi, rimorsi e pentimenti vari, fino a provare solitudine per il peso del terribile segreto che si porta dentro, e infine paura di essere scoperto.

A un certo punto ecco l’incontro salvifico con Sonja, una ragazza pura, personificazione della coscienza morale – sebbene sia costretta dall’indigenza a fare la prostituta – per amore della quale decide di confessare.

Il vero castigo per Raskol’nikov non sarà, dunque, la prigione cui sarà costretto e che è l’ambientazione dell’epilogo del libro dove arriverà da uomo moralmente libero, bensì, i propri rimorsi di coscienza almeno fino alla confessione.

Ecco, dunque, altri due temi importanti: l’etica cristiana per cui la salvezza si raggiunge solo attraverso la sofferenza, e il tema del superuomo che giustifica le proprie azioni spregevoli con il perseguimento di un bene più grande che in realtà non c’è.

L’idiota, ovvero il Cristo del XIX secolo

Un’altra fondamentale tappa di questo viaggio nella letteratura di Dostoevskij è datata, stavolta, 1868.

È la storia di un uomo ingenuo, il principe Myškin, che dopo essersi curato a lungo in Svizzera per l’epilessia, torna in Russia per riscuotere l’eredità di una vecchia zia scomparsa, essendo lui rimasto povero.

In treno incontra il giovane Rogozin, esuberante e anche lui in cerca di fortuna, che gli racconta della sua passione per la bella Nastas’ja.

Arrivato a San Pietroburgo, il principe visita un suo parente dal quale viene a sapere che il suo segretario, un certo Ganja, avrebbe in animo di sposare proprio la Nastas’ja amata da Rogozin, più per la sua dote che per le sue doti, non so se mi spiego. Anche il principe Myškin, nel frattempo, si scopre attratto da questa donna e, riscossa l’eredità, si propone di sposarla.
Nastas’ja in un primo momento sceglie Rogozin, fuggendo con lui, ma quando il principe sarà conteso anche da una sua parente, la giovane Aglaja, ha un ripensamento. Questo ripensamento, però, non dura a lungo: Nastas’ja si sente indegna di un uomo della levatura morale quale è il principe, così sceglie nuovamente Rogozin che, però, comprendendo di essere solo un ripiego, folle di rabbia la uccide.

Alla vista dell’amata morta, anche Myškin impazzisce ed è costretto a tornare in Svizzera, da dove era partito, per curarsi.

Quanto a Rogozin, viene deportato in Siberia e Aglaja sposa un finto conte polacco.

I demoni, esempio di romanzo policentrico

Vede la luce nel 1873 questo romanzo, complesso nella sua gestazione fin dal titolo: c’è, infatti, chi lo ha chiamato anche Gli indemoniati o Gli ossessi. Il riferimento è, comunque, a una sorta di possessione maligna che rappresenterebbero alcuni personaggi.

Dostoevskij dovette scriverlo più di una volta perché mentre si dedicava a una stesura, emergeva come protagonista un personaggio diverso da quello che l’autore aveva designato come tale, perciò ricominciava da capo. Insomma, anche la stesura è stata un po’ posseduta, per così dire. Scherzi a parte, è un ottimo esempio di romanzo policentrico, come spesso sono quelli del grande scrittore russo.

La vicenda si svolge in una tenuta vicino San Pietroburgo ed è narrata da un testimone oculare dei fatti, tale generale Anton. Questa tenuta è di proprietà della nobildonna vedova Varvara Petrovna che ci vive assieme a un tutore, un intellettuale da quattro soldi, segretamente innamorato di lei, Stepan Trofimovič Verchovenskij, anche lui vedovo.

La situazione si complica quando tornano a casa contemporaneamente e inattesi Pëtr Stepanovič Verchovenskij, figlio di Stepan che se ne è sempre disinteressato e che è diventato un rivoluzionario anarchico, e Nikolaj Vsevodolovič Stavrogin, figlio della Petrovna dalla brillante carriera militare offuscata dai suoi atteggiamenti libertini e dalla sua sostanziale instabilità mentale.

Mi fermo qui perché so di avervi incuriosito abbastanza.

I fratelli Karamazov, epopea indiscutibilmente immortale

Ultima fatica letteraria di Dostoevskij, uscito nel 1880 un anno prima della sua improvvisa scomparsa e in un certo senso incompiuto perché nella mente dell’autore avrebbe dovuto essere l’inizio di una saga, questo romanzo in effetti è una saga familiare.

I Karamazov sono: il padre Fedor, superficiale e poco generoso verso il prossimo, e i suoi quattro figli. Dimitrij è violento e passionale, Ivàn è un intellettuale ateo, Alësa altruista e novizio in convento, Smerdjakov illegittimo ed epilettico, trattato da tutti come uno schiavo.

Con queste premesse non stupisce il dramma che segue all’arrivo di Grusenka, una bellissima usuraia senza scrupoli che fa impazzire d’amore sia il padre sia il figlio Dimitrij. Quando, perciò, Fedor viene trovato morto, non è difficile accusare Dimitrij di parricidio a sfondo passionale.
In realtà è stato Smerdjakov a uccidere la donna, per una sorta di vendetta e rivendicazione sociale; Ivàn lo scopre ma tace, così Dimitrij viene deportato in Siberia. Attanagliato dai sensi di colpa, Smerdjakov si suicida e anche Ivàn comincia avere allucinazioni demoniache a causa dei sensi di colpa.

In pratica l’unico normale, che assiste impotente e a tutto questo, è Alësa, che riesce a superare tutto con la forza della fede.

 

Foto | Mosca, Russia: monumento a Fëdor Dostoevskij, sullo sfondo la Biblioteca di Stato russa — everyonensk via Depositphoto

 



 

L'autore: Roberta Barbi
Roberta Barbi Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

Guarda tutti gli articoli scritti da Roberta Barbi

Perché leggere Dostoevskij

di Antonio Schlatter Navarro

editore: Graphe.it

pagine: 144

Leggere Dostoevskij è un atto rivoluzionario: un viaggio nel tempo e nell'anima.

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