Chi traffica in qualche modo coi libri, i propri e quelli degli altri, finirà prima o poi per imbattersi in una serie di domande che, con gli anni, potrebbero diventare dilemmi, ma che non sempre hanno bisogno di risposte definitive, restando tutto nel regno delle ipotesi. E cioè: è giusto mantenere in ordine la propria libreria? (Che poi è termine ambiguo, almeno in italiano, perché essa è sia un luogo fisico per il commercio di libri che la propria raccolta privata di libri, meglio sarebbe forse: i propri scaffali di libri?) Ma quest’ordine, che dall’antichità e fino a oggi in molti, in troppi, hanno rincorso e identificato come un metodo, è davvero utile? E cosa nasconde, o cosa potrebbe velare?
L’ordine dei libri, le varie metodologie adottate, le teorie, le motivazioni, i desideri, sono diventati nei secoli una forma letteraria, una letteratura. L’ordine da dare ai propri libri, o in generale ai libri, è anche una modalità esistenziale, filosofica, letteraria. Mi spingerei a definirla addirittura una ideologia (meglio l’ordine del caos?).
Chi traffica in qualche modo coi libri, a maggior ragione se il numero è abbastanza elevato, prima o poi si porrà delle domande oppure, come me, arriverà a una conclusione. E cioè che l’ordine non è assolutamente preferibile al disordine, o meglio alla dispersione, alla proliferazione incontrollata, al caos controllato, all’esuberanza cartacea.
C’è un fascino discreto, direi una sorta di eccitazione creativa, nel disordine dei libri, nella stratificazione ondivaga della carta, nella moltiplicazione esponenziale di titoli e pagine e volumi. Si crea uno scenario, un teatro, una rappresentazione, cose che sarebbero molto più complicate di fronte all’asettica “perfezione dorsale”, cioè alla matematica consapevolezza che quel dorso non potrebbe che stare dove sta.
Questo libro intende mettere zizzania, fin dal titolo: l’insolenza di parlarne (del disordine libresco) e l’audacia di porlo in essere. Creare scompiglio, minare troppe certezze, rimettere in discussione postulati ormai impolverati, immobili, museali.
Un libro che è una piccola guida involontaria al piacere e allo stupore di ritrovarsi immersi in un caos stimolante, creativo, assolutamente non utile e non utilitaristico. Uno scenario nel quale osservare l’ordine da un’altra prospettiva. Magari più ironica, più leggera, meno accademica.
Massimo Gatta
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