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Le più belle poesie di Giorgio Caproni

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Le più belle poesie di Giorgio Caproni

Giorgio Caproni. Uno dei grandi nomi della poesia italiana. Un talento incontestabilmente vasto che ha attraversato buona parte del Novecento, dando corpo a un’opera stilisticamente viva di contrasti. Di movimenti ora aspri, ora eleganti. Di contrapposizioni agilmente sbalzate, dove il dritto e il rovescio, il pieno e il vuoto si rinsaldano puntualmente in un’unità tesa a lasciare il segno. A convergere verso un punto fermo e doloroso. A rivelare un’assenza. Un esilio senza ritorno. Una lontananza a tratti vertiginosa.

Ecco che l’opera di Caproni diventa, allora, un lungo viaggio nel tempo. Nelle città amate come Genova dove arrivò ancora bambino, nel passato della madre ormai scomparsa, nel vuoto fondo e immobile lasciato da Dio. Temi tutti fondamentali che si intrecciano, formando la trama fitta e in divenire di una poetica dai molteplici registri. Dalle acque mormoranti. Dalle strade aspre e scoscese. Dall’armonia assoluta di suoni che, spezzandosi, erompono volutamente nella dissonanza. In un coro di voci sottilmente discordanti.

Tre belle poesie di Giorgio Caproni: un viaggio nel tempo, nello spazio e nell'anima

Tuttavia, dovendo ora parlare delle poesie più belle di Giorgio Caproni, non si possono non nominare raccolte come Il passaggio d’Enea, Le stanze, Il seme del piangere, oppure spiccando, di getto, dal folto mazzo un singolo fiore, ecco venirci subito alle labbra l’indimenticabile Alba:

Amore mio, nei vapori d’un bar
all’alba, amore mio che inverno 
lungo e che brivido attenderti! Qua 
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa 
di rinfresco anche l’occhio, ora nell’ermo 
rumore oltre la brina io quale tram 
odo, che apre e richiude in eterno 
le deserte sue porte?… Amore, io ho fermo 
il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse 
di tali ruote un’eco. Ma tu, amore,
non dormi, ora che in vece tua già il sole 
sgorga, non dirmi che da quelle porte 
qui, col tuo passo, già attendo la morte.

Oppure la suggestiva L’idrometra:

Di noi, testimoni del mondo,
tutte andranno perdute 
le nostre testimonianze.
Le vere come le false. 
La realtà come l’arte.
Il mondo delle sembianze 
e della storia, egualmente 
porteremo con noi 
in fondo all’acqua, incerta 
e lucida, il cui velo nero 
nessun idrometra più 
pattinerà – nessuna 
libellula sorvolerà 
nel deserto, intero.

O ancora, per concludere, la brevissima Disdetta:

E ora che avevo cominciato
capire il paesaggio:
«Si scende», dice il capotreno.
«È finito il viaggio».

Foto | Dino Ignani, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons
 


 

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