Abbiamo la fortuna di parlare una bella lingua. Ma ne siamo certi? E che cosa significa «parlare una bella lingua»? Indubbiamente l’italiano viene connotato come una delle lingue più belle e più musicali che ci siano. Ma, è una bella lingua?
Da un punto di vista squisitamente linguistico, lingue belle o brutte non esistono. Esiste la lingua comunicativa e lo scopo fondamentale è quella di poter comunicare tutto, o quasi tutto. Potenzialmente le lingue possono comunicare tutto.
Talvolta online ci sono dei puristi ferocissimi che non solo perseguono una purezza che è un concetto astratto della lingua, ma si piccano sempre di sostenere che la nostra è la lingua più bella, più sonora, più espressiva eccetera. Nulla di più falso.
Questo non vuol dire che l’italiano sia una lingua da rivedere o una lingua in sé brutta. Non usiamo termini come «bella» o «brutta» parlando di una lingua. Parliamo di lingua espressiva o non espressiva e sul «non espressiva» possiamo lasciare perdere subito dal momento che le lingue, proprio perché sono, esprimono e servono per esprimere. Sono uno dei tanti codici attraverso i quali noi ci possiamo esprimere.
Il concetto di bellezza rientra nel discorso dell’estetica o del gusto personale. Ci sono lingue che suonano benissimo. Al mio orecchio. E questo non può essere preso come elemento dirimente. A me può piacere una lingua che per altri bella non è. Io posso essere incantato, per esempio, dalle sonorità dolcissime della lingua russa – e lo sono – e qualcuno potrebbe dire: «Sì, però se hai sentito parlare anni fa un Brežnev ti spaventi». Sì. E Puškin?
Quindi, la lingua non è in sé bella o brutta. La lingua è espressiva. A me può piacere o non piacere, ma non devo perdere d’occhio un concetto: è una mia idea, una mia scelta, è una mia valutazione.
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