Alessandro Magno è il nuovo titolo della collana I condottieri, diretta da Gaetano Passarelli. Autrice dello studio è la professoressa Paola Scollo. In questo studio, l’autrice si concentra sui modelli letterari e mitici che hanno influito sulla formazione di Alessandro. È per questo motivo che il sottotitolo del testo è Le scelte di un eroe.
Per comprendere meglio la peculiarità di questo nuovo saggio dedicato ad Alessandro Magno, abbiamo rivolto alcune domande all’autrice.
Intervista a Paola Scollo
Se non erro, questo non è il tuo primo libro su Alessandro Magno: a cosa si deve questa passione?
Questo è il mio secondo libro dedicato ad Alessandro Magno (il primo è Alessandro eroico. Idee, modelli e forme del mito, pubblicato nel 2021). In precedenza avevo però già dedicato svariati contributi, sia di carattere scientifico sia divulgativo, al giovane sovrano macedone. La passione per Alessandro è sorta ai tempi del liceo ovvero quando, a partire dalla lettura delle pagine di Plutarco e di Arriano, rimasi affascinata dall’eccezionalità di questo formidabile conquistatore. Tuttavia, solo durante gli universitari ho avuto modo di assecondare e di continuare a coltivare questa passione, nel tentativo di approfondire la figura di Alessandro Magno in prospettiva storico-letteraria. Senza dubbio, in questo lungo e continuo percorso di analisi e di verifica, sono state fondamentali per me le lezioni di storia greca del prof. Biagio Virgilio a Pisa.
Quali sono le peculiarità del tuo saggio su Alessandro Magno?
In questo saggio ho tentato di suggerire l’importanza che i modelli letterari e mitici hanno esercitato nella formazione di Alessandro. A mio avviso, infatti, essi furono alla base di una ricerca di affermazione identitaria mediante la quale il Macedone riuscì a inserirsi entro un preciso orizzonte culturale, ossia quello ellenico. Nondimeno, questo processo identitario fu possibile grazie a due figure-chiave, e vale a dire: il padre, Filippo II di Macedonia, e Aristotele di Stagira, filosofo e suo maestro. Proprio a partire da tale consapevolezza ho cercato di mettere in luce il ruolo fondamentale che questi due personaggi ebbero nella paideia del conquistatore, sempre nel desiderio di instaurare un dialogo proficuo tra storia e mito.
Cosa resta oggi dell'eredità di Alessandro Magno?
Quando morì a Babilonia, tra il 10 e l’11 giugno del 323 a.C., Alessandro non aveva ancora compiuto trentatré anni. Soltanto dodici anni prima aveva ereditato dal padre Filippo II un regno, quello di Macedonia, su cui – come sottolinea Plutarco – si annidavano invidia, odio tremendo e pericoli di ogni sorta. Eppure, nonostante la giovanissima età, Alessandro riuscì anzitutto a portare a compimento quel processo, avviato proprio dal padre, che avrebbe condotto la Macedonia a divenire da regione periferica a centro della grecità. E non solo. In tempi invero rapidi Alessandro riuscì a costruire un impero vastissimo che, al proprio interno, racchiudeva storie e culture di popoli molto differenti tra di loro. Come è noto, questo impero non sopravvisse alla sua scomparsa; ma Alessandro non è mai definitivamente morto. Anzi, proprio per l’eccezionalità delle sue imprese ha continuato a ispirare racconti, peraltro spesso al limite della verosimiglianza.
A ben vedere, Alessandro è stato uno dei pochi personaggi storici ad aver goduto di una così vasta e trasversale fortuna. Per avere conferma di ciò, basterebbe pensare al volume pubblicato da Brill nel 2018, per le cure di Kenneth Royce Moore, dal titolo Brill’s Companion to the Reception of Alexander the Great in cui viene indagata la ricezione dell’immagine del sovrano nell’orizzonte della Grecia, di Roma e della Persia dall’età più antica sino all’epoca moderna e post-moderna. Ma perché una tale fortuna? A mio avviso, le ragioni sono molteplici e vanno senz’altro ricondotte all’eredità di Alessandro.
Anzitutto, sotto il profilo militare, fu un formidabile conquistatore. Superfluo appare infatti sottolineare come Alessandro abbia inciso in modo significativo sul modo di combattere, segnando il passaggio da una visione della guerra tradizionale, intesa come scontro di forze in campo aperto, a una concezione ben più moderna dell’arte bellica.
Detto ciò, Alessandro fu il primo a promuovere un ricco e intenso momento di osmosi tra oriente e occidente nel desiderio di fondere la staticità dell’occidente greco con i territori dell’impero achemenide, fortemente allogeno e multietnico. Senza dubbio, si trattò di un tentativo di integrazione che, per certi versi, potrebbe esser messo in relazione con l’odierno concetto di globalizzazione.
Certo, come ho detto in precedenza, questo ideale di impero non sopravvisse alla morte di Alessandro; eppure, ciò che ne derivò fu un nuovo equilibrio multipolare caratterizzato da un mondo politicamente frammentato ma omogeneo culturalmente.
Puoi consigliarci tre libri per capire meglio l'epoca in cui Alessandro Magno è vissuto?
La bibliografia a riguardo è sconfinata. Innanzitutto, partirei proprio da una serie di studi sulla Macedonia. Ottimi, in proposito, sono i contributi scientifici pubblicati dall’editore Brill nella raccolta, a cura di Robin J. Lane Fox, dal titolo Brill’s Companion to Ancient Macedon. Studies in Archaeology and History of Macedon, 650 BC- 300 AD.
Per approfondire, invece, la figura di Filippo II suggerirei due biografie: la prima, a cura di Giuseppe Squillace, dal titolo Filippo il Macedone, e la seconda, intitolata Filippo re dei Macedoni, di Franca Landucci Gattinoni.
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