Il 7 luglio 1930 si spegneva, nella sua casa di Crowborough, nel Sussex Orientale, uno degli scrittori più popolari di sempre: Sir Arthur Ignatius Conan Doyle, l'autore delle storie del più famoso detective della letteratura di tutti i tempi: Sherlock Holmes.
Chi è stato Arthur Conan Doyle
Arthur nacque ad Edimburgo, in Scozia, nel 1859 da genitori di origine irlandese. La famiglia attraversò qualche periodo di instabilità economica ma riuscì a farlo studiare, grazie all'aiuto di uno zio, presso le scuole dei gesuiti. Probabilmente il futuro 'padre' di Sherlock Holmes non aveva preso in considerazione, in gioventù, una carriera da letterato ed infatti si laureò in medicina specializzandosi poi in oculistica. Tra i suoi compagni di università vi era Robert Louis Stevenson, l'autore di Dr. Jekyll e Mr Hyde e dell'Isola del tesoro ed uno dei suoi professori, un tale Joseph Bell, fornì l'ispirazione per i tratti caratteriali dell'investigatore di Baker Street.
Le sue prime esperienze professionali si svolgono in campo medico; fece parte per due volte dell'equipaggio di navi, ovviamente con mansione di medico di bordo e durante la guerra dei Boeri divenne medico delle forze armate (ruolo che sarà poi parte anche del “curriculum” del Dr.Watson).
Aprì il suo primo studio medico a Portsmouth ma, poiché i clienti non erano molti, iniziò a scrivere per ingannare l'attesa. Come molti esordienti, anche Conan Doyle faticò inizialmente a trovare un editore, ma infine la Casa Editrice Ward Lock&Co pubblicò Uno studio in rosso pagando all'autore un compenso di 25 sterline.
Arthur Conan Doyle e Sherlock Holmes
Le storie di Sherlock Holmes ricevettero da subito buone critiche ed un immenso successo di pubblico. I lettori adorarono immediatamente il flemmatico e brillante investigatore privato che utilizzava criteri scientifici e nozioni di psicologia per condurre le sue indagini nella Londra tardo-vittoriana prima ancora che la polizia “vera” iniziasse a farlo.
L'autore ebbe però un rapporto di amore-odio con questo personaggio poiché riteneva che rubasse del tempo a opere di altro tipo alle quali avrebbe voluto dedicarsi, come la fiction storica. Tentò di “uccidere” Sherlock Holmes facendolo precipitare in una cascata assieme al suo arci-nemico Moriarty, ma fu costretto a farlo tornare in azione dalla pressione dei lettori. Il geniale investigatore risolverà ancora moltissimi casi, lavorando anche come spia durante Prima Guerra Mondiale. L'ultima storia che lo vede come protagonista risale al 1927.
La passione per l'indagine di Conan Doyle fu così forte che lui stesso, in due casi, vestì i panni dell'investigatore, riabilitando la reputazione di due persone accusate ingiustamente da Scotland Yard i cui funzionari, in quel periodo, evidentemente dovevano possedere un acume pari a quello dell'ottuso ispettore Lestrade, le cui poco brillanti intuizioni vengono spesso ridicolizzate dall'arguzia di Holmes.
Le altre opere di Conan Doyle
L'immensa fama dell'infallibile investigatore ha offuscato la restante opera di Arthur Conan Doyle, ma lo scrittore scozzese non fu solo una pietra miliare del romanzo poliziesco, ma diede un sostanziale contributo anche ad altri generi. Una sua altra creazione letteraria, il Prof. Challenger, il cui carattere sanguigno e impulsivo lo rendono decisamente diverso dal flemmatico Holmes è protagonista o coprotagonista di un'altra serie di racconti, caratterizzata dalla presenza di elementi fantastici o misteriosi.
Il romanzo Il mondo perduto, nel quale i protagonisti scoprono una vallata rimasta isolata per milioni di anni e popolata da fauna preistorica e tribù di ominidi, ha dato inizio alla tipologia di racconti con lo stesso nome e che continua a generare derivazioni cinematografiche di successo (basti pensare al ciclo di Jurassic Park), per non parlare del mondo del fumetto.
Nel romanzo breve L'abisso di Maracot, la tematica del mondo perduto diventa subacquea e i protagonisti ritrovano nientemeno che la perduta Atlantide, ancora popolata dai discendenti dei sopravvissuti all'affondamento del continente.
Sir Arthur Conan Doyle al di là dei libri
Conan Doyle diventò “Sir” nel 1902 per mano di Edoardo VII, che gli conferì il titolo cavalleresco di “Knight Bachelor”, molto probabilmente per aver difeso pubblicamente l'impegno bellico della Gran Bretagna contro i Boeri più che per i meriti letterari. Ricevette anche un'ulteriore carica onorifica qualche anno più tardi.
I contributi che Sir Conan Doyle diede all'umanità non si limitano però alla letteratura. Fu un grande appassionato di sport. Giocò in squadre amatoriali di calcio (come portiere) e di cricket e fu uno dei pionieri dello sci alpino, che praticava in Svizzera e contribuendo, probabilmente, alla notorietà di questo sport.
Il creatore di Sherlock Holmes fu anche un grande appassionato di misteri e anche lui, come molti altri artisti britannici all'inizio del XX secolo, si occupò spiritismo e, purtroppo, fu tra coloro che caddero nel raggiro della cosiddetta “truffa delle fate di Cottingley” poiché credette, assieme ad altri, nell'autenticità di alcune foto, poi rivelatisi fasulle, che ritraevano delle fate in compagnia di alcune ragazze e basandosi su di esse scrisse il saggio L'avvento delle fate (1922). La sua fede nel sovrannaturale durò a lungo e probabilmente lo accompagnò per il resto della vita anche se tra coloro che tentarono di riportarlo alla ragione vi fu nientemeno che l'amico Harry Houdini. Il celeberrimo illusionista infatti era anche notoriamente scettico e si divertiva a smascherare i trucchi dei medium.
Scrisse anche sei romanzi storici ed un paio di opere teatrali, ma è passato alla storia come il creatore del più celebre detective di tutti i tempi, l'inquilino del primo piano del 212/B di Baker Street, senza il quale il “romanzo giallo”, come lo chiamiamo noi in Italia, sarebbe stato qualcosa di completamente diverso.
Nel Regno Unito, molti dei luoghi nei quali l'autore ha soggiornato, vissuto o lavorato sono contrassegnati oggi da targhe commemorative.
In conclusione: due curiosità su Sherlock Holmes
Un paio di curiosità su Sherlock Holmes, nato dalla penna di Arthur Conan Doyle, per concludere.
L'immagine iconica di Sherlock Holmes, con la pipa, la mantellina e il cappello deerstalker con doppia visiera diffusa anche dalle prime serie televisive basate sul personaggio, non corrisponde esattamente a quella che si trova nei libri. Questo tipo di tenuta era considerato sportivo e decisamente country e infatti il detective la indossa quando deve recarsi in campagna per un'indagine, ma la maggior parte delle avventure di Holmes si svolgono in città ed un maestro del travestimento come il nostro detective non avrebbe mai indossato un capo d'abbigliamento così fuori luogo, con il rischio di venire scoperto.
Quando Conan Doyle scrisse le avventure di Sherlock Holmes, il numero 212/B di Baker Street non esisteva. La numerazione, infatti, arrivava solo sino al n. 85. Con l'espansione della città, il civico fu assegnato alla sede di una impresa di costruzioni che iniziò a ricevere lettere dai fan di tutto il mondo indirizzate al detective. In seguito il numero civico fu assegnato, facendo un'eccezione all'ordine numerico al “Museo di Sherlock Holmes” che, in teoria, dovrebbe occupare il civico 239.
Testo di Claudio Gurgone
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