Nonostante siano trascorsi ben quarantasei anni dall'uscita del volume di Gino Scartaghiande, all'epoca voluto fortemente da Elio Pagliarani per la Cooperativa Scrittori, nei Sonetti d'amore per King-Kong il lettore troverà ancora oggi una voce attualissima e ben salda a un tipo di corrente modernista più che mai contemporanea al nostro presente.
Salutato con entusiasmo fin da subito – tra gli altri, da poeti come Amelia Rosselli – questo canzoniere d'amore scioglie il nodo gordiano della vita interpretandone la propria sublimazione che al tempo stesso è sì resistenza, ma soprattutto esilio e richiamo.
Un flusso potente di immagini e di versi scandisce questa poetica sincopata che graffia e accarezza, in egual misura, chi provi a entrare nell'opera, così melliflua e deflagrante. E se l'autenticità del dettato fa sì che il discorso sia più che mai necessario al giorno d'oggi, è la specificità dei temi trattati a non far tramontare mai la parabola di tale singolare poema. Perché l'amore, il dolore e la ricerca di un posto in questo mondo, così come l'abbandono e l'assenza dell'altro, sono perni fondanti dell'attuale società, invischiata così com'è nell'affanno di trovare un senso alla vita e alla sua essenza, sia quotidiana che interiore. Ed è per questo che nei Sonetti dell'autore salernitano, la voce limpida e complessa di un canto comune a ogni essere umano prende il sopravvento e annienta il lato “cronico” del tempo, facendo sì che proprio il tempo stesso diventi protagonista assoluto di queste pregnanti pagine.
Antonio Bux
direttore della collana Le mancuspie
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