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Matilde Serao: i libri della grande scrittrice e giornalista

Matilde Serao: i libri della grande scrittrice e giornalista Matilde Serao: i libri della grande scrittrice e giornalista
Matilde Serao: i libri della grande scrittrice e giornalista

Parlandone da un punto di vista squisitamente letterario, i libri di Matilde Serao, il cui esordio nella narrazione si deve risalire alla pubblicazione della novella Opale sul Corriere del Mattino nel 1878, vanno inseriti nel filone del Realismo di cui di fatto fu una delle più grandi interpreti.

Capace di intercettare i desideri del lettore e di trasformarli in storie, di empatizzare con il suo pubblico e di trasportalo quasi fisicamente nel proprio mondo umano e letterario, è un peccato che questa scrittrice non sia tra le più studiate nella scuola italiana, con i suoi 70 romanzi e le sue innumerevoli raccolte di racconti. E un peccato è anche la mancata assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura nel 1927, per motivi politici. Niente male per una che aveva imparato a scrivere con tanta difficoltà alla veneranda età di 8 anni!

L’esordio di Matilde Serao? Con Fantasia

Il primo romanzo lungo di Matilde Serao è datato 1883 e s’intitola Fantasia. Oltre al merito di averla resa nota al grande pubblico, è famoso anche per la violenta stroncatura che ne fece un critico letterario piuttosto importante che rispondeva al nome di Edoardo Scarfoglio e che di lì a due anni diventerà suo marito.

Rutilante sequela di scene tra la campagna più ridente e i fondi più bassi della città, l’opera è concepita come una moderna fiction quanto a tematiche e tempi, sempre in bilico tra le più crudeli efferatezze e le più assurde volubilità. Descrizioni d’ambienti, inoltre, degne di veri e propri bozzetti – che la Serao peraltro realizzava, almeno all’inizio della carriera, per diversi giornali – e personaggi trasversali diventati archetipi degli anni di storia a cavallo tra Ottocento e Novecento completano il tutto.

Quanto allo stile, l’argomento più criticato dal marito, appartiene al Verismo più stretto, in considerazione anche della scarsa preparazione culturale dell’autrice, considerazione che, però, invece di sminuirlo, dovrebbe esaltare il suo genio. Pur con un lessico popolare, mutuato non solo dall’italiano, ma anche dal dialetto, dalla lingua francese e addirittura da quella greca, la vivacità di certe sue descrizioni, infatti, resta ancora una vetta difficile da raggiungere per molti.

Vita e avventure di Riccardo Joanna (1887)

“Il romanzo del giornalismo italiano”: così Benedetto Croce battezzò, all’uscita, quest’opera che è una specie di autobiografia anzitempo della stessa Serao.

La parabola giornalistico-letteraria del protagonista, infatti, tanto somiglia a quella della scrittrice, con la quale condivide l’eredità di un padre giornalista. Trovato un impiego tranquillo, Riccardo, però, non riesce a spegnere il fuoco del giornalismo che gli brucia dentro, così, nonostante la promessa fatta al genitore in punto di morte, inizia a muovere i primi passi dentro una redazione, diventando rapidamente giornalista effettivo, poi direttore di una piccola testata, infine viene posto alla guida di una più grande fino al crac finanziario.

Libro un po’ facile e con qualche scivolone nel sentimentalismo, ha il pregio di descrivere perfettamente il panorama della stampa sua contemporanea, nel bene e nel male, e di affrontare i principali quesiti del mondo dell’informazione che allora ancora nessuno avanzava, come la strumentalizzazione, l’abuso di potere o la manipolazione dell’opinione pubblica.

Cuore infermo (1881)

Torniamo un attimo indietro da un punto di vista strettamente cronologico, perché di tutt’altra natura sono le pagine di questo romanzo, non a caso definito un “romanzo mondano”.

Racconta, infatti, la storia dell’amore tra Marcello e Beatrice fra tradimenti e gelosie, fino alla prematura morte di lei che interrompe bruscamente la loro passione. Puntuali e profondamente veriste, ancora una volta, le descrizioni che la Serao fa dei luoghi in cui si ambienta la vicenda: da Napoli alla tranquilla Sorrento, fino alla frenetica Castellammare di Stabia, dove si concentra, d’estate, tutta l’aristocrazia napoletana.

Napoli negli occhi, nel cuore e nell’anima

Il nostro viaggio nella poetica di Matilde Serao, scrittrice partenopea d’adozione, non può che concludersi a Napoli, città alla quale l’autrice ha dedicato tra le sue pagine più belle.

Citiamo, ad esempio, Il ventre di Napoli (1884), opera in due parti in cui ogni capitolo è una sorta di riassunto di più cronache cittadine derivanti dall’intensa attività giornalistica che Serao esercitava in quella città.

Ogni cronaca a sua volta è una denuncia del degrado in cui versa la maggior parte della popolazione napoletana, sulla quale infieriscono l’epidemia di colera e una questione meridionale ancora agli albori: il vero protagonista dell’opera, è, dunque, il ventre, cioè i quartieri più poveri della città in cui si alternano il lotto nero e l’usura e che il governo Depretis annuncia di voler “smembrare” come principale strumento del piano di risanamento della città. Vengono perciò tirate giù case e abbattuti palazzi per far posto ad ampi viali e piazze: un perbenismo di facciata dietro al quale la Matilde Serao, da brava giornalista d’inchiesta qual era, individua e denuncia l’intento speculativo di cui evidentemente la politica era già affetta.

Anche in Il paese di cuccagna (1891) vengono affrontati più o meno gli stessi temi, ma attraverso una carrellata di personaggi di tutte le estrazioni sociali che costituiscono una sorta di personificazione dei peggiori vizi in cui affondano i concittadini dell’autrice: c’è, dunque, la bella figlia di papà, ci sono i cabalisti, l’usuraia, don Gennaro che si occupa di non meglio specificati “affari”, la fattucchiera, l’oste, il proprietario del banco del lotto e molti altri.

Le due opere costituiscono una il proseguimento dell’altra all’interno di un’ideale trilogia che la Serao chiuderà poi con Terno secco, pubblicato nel volume All’erta sentinella!, nel 1889.

Foto | Rossi [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

L'autore: Roberta Barbi
Roberta Barbi Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

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