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Julie Namier, prigioniera e asceta

Julie Namier, prigioniera e asceta Julie Namier, prigioniera e asceta
Julie Namier, prigioniera e asceta

“Sogna e la tua cella sarà inondata della luce iridescente che tu stessa avrai creato. Fa che nella tua cella non penetrino mai la paura e la buia angoscia che sono l’ambiente propizio per le larve del tormento e della morte…”.

Quanto coraggio in queste parole scritte di proprio pugno dall’autrice in uno dei momenti più difficili della sua vita: la reclusione in carcere in Russia perché considerata ostile al regime bolscevico, nel periodo più violento delle purghe staliniane, i primi anni Trenta, quando non venivano risparmiati neppure i cristiani.

 

Tre nomi, una sola identità: quella cristiana

Nata nel 1893, il nome di battesimo della scrittrice russa di cui ci occupiamo oggi, è Iulia Michaelovna Kazarina. Cresciuta a San Pietroburgo, sposa il diplomatico Nicolaj de Beausobre e per questo è conosciuta anche con il nome di Iulia de Beausobre. Con la rivoluzione, il marito viene perseguitato come nemico del popolo e imprigionato dalle autorità comuniste. Morirà in carcere.

La stessa persecuzione toccherà alla moglie, che però si salverà e riparerà in Gran Bretagna dove sposerà in seconde nozze lo storico britannico Lewis Bernstein Namier, che la lascerà nuovamente vedova nel 1960. Nella sua nuova vita oltre la cortina di ferro, sarà famosa come Julie Namier.

 

Prigioniera in patria, riscattata dalla governante

Siamo all’inizio degli anni Trenta, la prima grande rastrellata staliniana. Iulia, nemica del popolo perché suo marito lo è, viene rinchiusa in carcere. Per una coincidenza fortunata, riesce a essere riscattata a opera della governante che è di cittadinanza inglese e passa così dalla prigionia ai lavori forzati, finché non sarà liberata.

La prigionia, però, per lei non è stata soltanto un’umiliazione, ma ne ha fatto tesoro, riuscendo a viverla come un periodo quasi di depurazione, un’ascesi spirituale da cui deriverà un’autobiografia, La donna che non poteva morire, data alle stampe nel mondo libero nel 1938. Qui racconta, con dovizia di particolari, l’esperienza personale nell’universale della persecuzione contro i cristiani: dall’arresto agli interrogatori, indugiando sui metodi brutali tanto da sfociare nella tortura. Si tratta, però, anche di un’opera piena di speranza, in cui il dolore è alleato stretto della pietà e in cui l’anima riesce a non farsi schiacciare dalle tenebre del male. Torna libera nel 1934, ma non ha più una casa – confiscata dal regime – e non ha un soldo. Le basta avere la vita, però, e per salvarsela fugge in Inghilterra.

 

Una scrittrice “Santa”

L’autobiografia di Iulia, immediatamente tradotta in molteplici lingue, la fa diventare una scrittrice famosa in Gran Bretagna, addirittura in odore di santità per quella inclinazione al perdono e all’antipolitica che si respirano in quella pagine in cui racconta anche come in prigione abbia conosciuto la guida spirituale di Madre Teodosia, a capo di un piccolo gruppo di monache recluse. Una volta libera, Iulia torna alla sua tradizione ortodossa e dedica il proprio talento letterario alla fede: nel 1945 pubblica un libro sulla vita di San Serafino di Sarov; l’anno precedente aveva tradotto in inglese le lettere spirituali russe di Macario il Vecchio di Optina, basandosi per entrambi più sulle fonti popolari che sulle agiografie ufficiali. 

 

Una vita segnata

Gli anni trascorsi nel carcere comunista, però, segnano Iulia più di quanto lei stessa non creda. Dopo il suo diario di prigionia, tornerà sul tema nel 1940 con Sofferenza creativa, in cui, tra l’altro, nota come “la rivoluzione del 1917 si è voltata proprio contro quelli che aveva preteso di difendere. Il 30% dei detenuti erano detenuti comuni e solo il 10% persone della classe colta…”.

Muore in Inghilterra nel 1977, senza essere mai ritornata in patria.

 

Ritratto | © Riccardo Martinelli per Graphe.it



 

L'autore: Roberta Barbi
Roberta Barbi Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

Guarda tutti gli articoli scritti da Roberta Barbi

Sofferenza creativa

di Iulia de Beausobre

editore: Graphe.it

pagine: 56

La sofferenza può essere usata in modo creativo, facendo leva sulla forza della primigenia vittoria di Cristo sulla morte.

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