Leggere la poesia di Valentino Ronchi permette al lettore di immergersi nell’autenticità della poesia contemporanea più colta e allo stesso tempo più effervescente, data la felice fusione, in questo caso, di registri “alti” e “bassi” che danno luogo a un versificare altamente narrativo che non rinuncia però alla lezione novecentesca e, anzi, poggia le sue solide basi prosodiche e ritmiche su detta lezione e ne rinnova gli esiti.
E se da un lato le tematiche più intime rivelano un’appartenenza del poeta alla propria radice, tanto geografica quanto culturale, dall’altro la potenza espressiva e dialettica dell’autore lombardo permette di avvicinare quella radice comune che la poesia innalza a sentimento dominante.
È dunque una poesia dialogica e allo stesso tempo ideologica, che nell’insieme fonda memoria, paesaggi, sensazioni e profondità dell’animo umano e ne contempla le molteplici sfaccettature non rinunciando al racconto di storie umanissime che ricollegano il tempo che fu con il tempo che immediatamente sarà. Ed è in questo canzoniere del tempo che si sprigiona tutta la forza sensoriale dell’opera di Ronchi, che si fa patria e congiuntamente estradizione, se non dal mondo stesso, da quella “patria” più romanticamente cercata e puntualmente disabitata dai più, che è la lingua della poesia.
Antonio Bux
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