L’immagine dell’ibrido, del mostro dalla natura molteplice o indefinita, accompagna da sempre la storia dell’uomo, le sue mitologie e le sue forme narrative. Considerato talvolta simbolo del disordine e della violazione dell’ordine del cosmo, talvolta apparizione prodigiosa o segno premonitore, l’ibrido terrorizza e ammutolisce, ma al contempo affascina e incuriosisce. Tale ambivalenza è dovuta alla sua capacità di infrangere la regolarità della riproduzione e la continuità della consuetudine. La sua è una natura mostruosa: abita luoghi liminari, si manifesta occasionalmente, confonde con la sua morfologia costitutivamente ambigua. L’ibrido è una figura del limite: rivela un confine, vive ai margini dell’esperienza.
In questo volume, il saggio di Alessandro Gatti analizza la rappresentazione di due ibridi della tradizione mitologica – l’arpia e la sfinge – a partire da fonti arti-stiche rinascimentali e barocche, allo scopo di indagarne la sovrapponibilità iconografica.
Samuele Strati propone una riflessione sulla mostruosità focalizzandosi sul «luogo del mostro» e sulla contaminazione che dà origine all’ibrido, confrontando la prospettiva tradizionale e le recenti teorie postumaniste.
Biografia degli autori
Alessandro Gatti

Alessandro Gatti è laureato in beni culturali presso l’Università degli Studi di Perugia con una tesi intitolata Dalla casa “vivente” alla casa-museo. Prosegue gli studi nello stesso ateneo, dove sta preparando una tesi sul “non-finito” nella scultura del Rinascimento.
Samuele Strati

Samuele Strati è laureato in filosofia e scienze e tecniche psicologiche presso l’Università degli Studi di Perugia, dove attualmente prosegue la sua formazione. Dal 2018 è membro del consiglio direttivo della piattaforma di ricerca Gallinae in Fabula.